Aumenta il tasso di sforzo per affittare e comprare casa: +6% negli ultimi 5 anni

Ora lo sforzo economico medio delle famiglie italiane è del 18% in media per l’acquisto e del 30% per l’affitto

Negli ultimi cinque anni, il sogno della casa è diventato sempre più distante per le famiglie italiane. I prezzi di vendita e i canoni di affitto sono cresciuti più rapidamente dei salari, facendo aumentare sensibilmente lo sforzo economico richiesto per ottenere un’abitazione: oggi serve il 6% in più rispetto al 2020 per affittare o acquistare casa, secondo l’analisi di idealista, portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia.

Dall’ultimo trimestre 2020 allo stesso periodo del 2024, il tasso di sforzo – l’indicatore che misura il peso della spesa per la casa sul reddito disponibile – è salito dal 12% al 18% per l’acquisto e dal 24% al 30% per l’affitto.

“Sono le famiglie con redditi più bassi o a reddito fisso (come i lavoratori dipendenti) a subire maggiormente questo peggioramento. Negli ultimi anni, i salari in Italia hanno perso potere d’acquisto, non riuscendo a tenere il passo con l’aumento dei costi abitativi. Di conseguenza, per molti nuclei familiari, sia l’affitto che la rata del mutuo rappresentano una quota sempre più alta del reddito mensile. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle grandi città e nelle aree dove il mercato immobiliare è più attivo e competitivo”, dichiara Vincenzo De Tommaso, Responsabile dell’Ufficio Studi di idealista.

Sforzo per l’acquisto in aumento

Negli ultimi anni, i salari in Italia non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione, causando una significativa perdita del potere d’acquisto per molte famiglie. Nel settore immobiliare, questa erosione del potere d’acquisto ha contribuito all’aumento del tasso di sforzo, ovvero la quota di reddito necessaria per sostenere le spese abitative. Nonostante una recente diminuzione dei tassi di interesse sui mutui, il tasso di sforzo medio per l’acquisto di una casa in Italia si attesta ora al 18% contro il 12% del quarti trimestre 2020, con picchi significativi in alcune città.​

L’evoluzione del tasso di sforzo per acquistare casa

4° trim 2020 vs 4° trim 2024

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CapoluoghiTasso di sforzo 4q 2020Tasso di sforzo 4q 2024
Agrigento8%10%
Alessandria6%9%
Ancona8%13%
Aosta12%19%
Arezzo12%18%
Ascoli Piceno10%14%
Asti7%10%
Avellino8%12%
Bari13%22%
Barletta13%24%
Belluno6%17%
Benevento7%12%
Bergamo11%20%
Biella3%6%
Bologna15%25%
Bolzano-Bozen21%35%
Brescia11%21%
Brindisi9%15%
Cagliari15%24%
Caltanissetta7%8%

Il capoluogo dove acquistare casa è diventato sempre più impegnativo negli ultimi 5 anni è Bolzano, con un balzo del 14% rispetto al 2020. Seguono Rimini, Napoli e Verbania (tutte su del 13%), Firenze, Venezia, Milano e Monza hanno visto un incremento del peso per l’acquisto pari all’11%, mentre Roma registra un +9%.

Palermo e altri 13 capoluoghi mostrano una crescita in linea con la media nazionale (6%), mentre 54 città si mantengono sotto questo livello, con aumenti che vanno dal 5% di Lecco al 2% di Caltanissetta. Nessuna città ha registrato una diminuzione o una stabilità del tasso di sforzo per l’acquisto.

Le città con i tassi di sforzo più elevati sono Venezia (37%), Bolzano (35%) e Milano (33%), seguite da Rimini e Napoli (entrambe al 32%), Firenze (30%), mentre Roma si ferma al 27%. Queste città evidenziano come l’accesso alla proprietà immobiliare sia particolarmente gravoso in determinate aree del Paese. Al contrario, in altre città, come Biella e Caltanissetta, il tasso di sforzo è significativamente più basso, attestandosi all’8%, indicando una maggiore accessibilità al mercato immobiliare locale.​

Affitti: lo sforzo cresce ovunque, Firenze la peggiore

Negli ultimi cinque anni, il mercato delle locazioni in Italia ha subito una trasformazione significativa, caratterizzata da una marcata riduzione dell’offerta di affitti a lungo termine e da un conseguente aumento dei canoni. Questo cambiamento è attribuibile principalmente alla crescita degli affitti brevi turistici e dei contratti transitori, che hanno sottratto disponibilità al mercato tradizionale.

L’evoluzione del tasso di sforzo per affittare casa 

4° trim 2020 vs 4° trim 2024

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CapoluoghiTasso di sforzo 4q 2020Tasso di sforzo 4q 2024
Agrigento16%16%
Alessandria15%17%
Ancona17%21%
Aosta20%19%
Arezzo17%20%
Ascoli Piceno16%17%
Asti15%15%
Avellino14%16%
Bari24%27%
Barletta25%30%
Belluno13%11%
Benevento15%17%
Bergamo19%28%
Biella12%14%
Bologna24%31%
Bolzano-Bozen27%29%
Brescia20%29%
Brindisi24%25%
Cagliari24%29%
Caltanissetta17%15%

In questo contesto, Firenze emerge come la città in cui l’impegno economico richiesto a un nucleo familiare per affittare un immobile è aumentato maggiormente rispetto al 2020, con un incremento del 21%, passando dal 27% al 48% del reddito destinato all’affitto. Seguono Como con un aumento del 14% (dal 32% al 46%), Napoli e Roma entrambe con un incremento del 13%, raggiungendo rispettivamente il 47% e il 41% del reddito familiare da destinare al pagamento del canone, ben oltre la soglia di sostenibilità indicata dagli esperti. Altri aumenti significativi si registrano a Vicenza (12%) e Venezia (11%). Milano segna un incremento a doppia cifra del 10% in cinque anni, con un tasso di sforzo che tocca ora il 40% del reddito familiare.


Parma, Verona, Lodi, Lecce e Grosseto si allineano alla media nazionale del 6%. In 17 capoluoghi lo sforzo per l’affitto è rimasto stabile, mentre in 10 è addirittura diminuito – con Oristano a guidare il trend inverso (-6%).

Fonte: Idealista.it

Nuovo taglio dei tassi BCE ad aprile, quali saranno gli effetti sui mutui?

L’organismo guidato da Lagarde ha deciso un nuovo taglio di 25 punti base

Nel clima di incertezza generale, con la crescita economica “minacciata” dai dazi imposti dal presidente Trump, la BCE ha deciso di proseguire la sua politica di riduzione del costo del denaro. Nell’ultima riunione di giovedì 17 aprile il massimo organismo monetario dell’Unione, come si aspettavano i principali analisti del settore, ha deciso un taglio dei tassi di interesse di 0,25 punti base, portandoli al 2,25%. Vediamo quali saranno gli effetti sui mutui a tasso fisso e variabile di questa nuova riduzione secondo le simulazioni di idealista/mutui.

Con questa nuova riduzione di 25 punti base, i tassi di interesse della BCE saranno fissati a partire dal 23 aprile 2025, ai seguenti valori, almeno fino al 5 giugno, data della prossima riunione della BCE.

  • Il tasso di intesse sui depositi presso la banca centrale è ridotto al 2,25%.
  • Il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale è sceso al 2,4%.
  • ll tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale scende al 2,65%.
  1. Il comunicato sui tassi della BCE
  2. Il commento di idealista/mutui
  3. Come saranno i tassi dei mutui adesso: le previsioni
  4. Quando si riunirà la BCE?

Il comunicato sui tassi della BCE

Nel comunicato in cui l’organismo guidato da Christine Lagarde spiega le ragioni che hanno spinto il Consiglio direttivo ad adottare questa decisione si legge: “La decisione di ridurre il tasso sui depositi presso la banca centrale, mediante il quale il Consiglio direttivo orienta la politica monetaria, scaturisce dalla valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria.

Il processo disinflazionistico è ben avviato. L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare le attese dei nostri esperti; a marzo sono diminuite sia l’inflazione complessiva sia quella di fondo. Anche l’inflazione dei servizi ha segnato una marcata attenuazione negli ultimi mesi. Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo.

 La dinamica delle retribuzioni si sta moderando e i profitti stanno parzialmente assorbendo l’impatto sull’inflazione di una crescita salariale tuttora elevata. L’economia dell’area dell’euro ha acquisito una certa capacità di tenuta agli shock mondiali, ma le prospettive di espansione si sono deteriorate a causa delle crescenti tensioni commerciali. È probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Tali fattori possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l’area dell’euro.

Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine. Soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da eccezionale incertezza, l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione.

 In particolare, le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.

Il commento di idealista/mutui

Secondo Fabio Femiani, responsabile di idealista/mutui per l’Italia: “La Banca Centrale Europea non sembra aver cambiato la sua tabella di marcia in risposta al nuovo terremoto commerciale scatenato dai dazi annunciati da Donald Trump. Il Consiglio direttivo ha optato per un taglio dei tassi dello 0,25%, anticipando un possibile rallentamento dell’attività economica nell’Eurozona.

Nel breve periodo, la decisione è accolta positivamente da chi ha un mutuo a tasso variabile o sta pensando di accenderne uno nuovo. Tuttavia, si dovrà monitorare attentamente la reazione degli istituti di credito, che potrebbero aumentare i costi dei prestiti e irrigidire i criteri di concessione, in previsione di una possibile frenata dell’economia.

Nel medio termine resta da capire quale direzione prenderà l’inflazione: da una parte potrebbe salire a causa dell’effetto dei dazi, dall’altra potrebbe essere spinta al ribasso da un calo dei consumi”.

gli effetti sui mutui dei tagli BCE

Come saranno i tassi dei mutui adesso: le previsioni

Analizzando gli effetti del nuovo taglio dei tassi di interesse sui mutui, secondo Femiani, “Quanto ai mutui a tasso variabile – secondo Femiani – possiamo affermare che, come spesso accade, il mercato ha già anticipato e assorbito la decisione della BCE. Le rate dei mutui variabili in questi mesi sono tornate a scendere. Rispetto all’ultimo taglio, oggi per ripagare lo stesso mutuo si risparmiano oltre 40 euro.

Ovviamente il taglio di 0,25% è a valere sul tasso BCE, ma se comunque immaginassimo un abbassamento di “pari passo” anche dell’Euribor, la rata potrebbe scendere di ulteriori 30 euro circa. Paragonato allo stesso mese del 2024 i titolari del medesimo finanziamento a tasso variabile, oggi potrebbero trovarsi nelle tasche quasi 200 euro in più al mese.

Discorso inverso va fatto invece sull’IRS di lunga durata: con la discesa impetuosa dell’euribor, fisiologicamente l’indice di riferimento del tasso fisso è salito: l’IRS a 30y ha acquisito almeno 40 bp rispetto la chiusura del 2024. Non una buonissima notizia per la maggioranza degli utenti che hanno in programma di finanziare l’acquisto della propria casa con un mutuo a tasso fisso. Oggi la stessa rata risulta più cara di oltre 50 euro, che potrebbero arrivare a 60, se l’indice rintuzzasse ulteriormente al rialzo contestualmente al nuovo taglio dell’euribor (nella simulazione di idealista/mutui, abbiamo ipotizzato una lieve crescita di 7 bp)”.

Simulazione di rata per un mutuo da 200.000 euro a 30 anni

Spread 0,50% per tasso fisso e 0.75% per tasso variabile

PeriodoEuribor 1 meseSpreadRata Variabile (in euro)IRS 30 anniSpreadRata Fissa (in euro)
Gen, 20243,86%0,75%1.026,002,50%0,50%843
Mar, 20243,85%0,75%1.025,002,45%0,50%837
Apr, 20243,81%0,75%1.020,002,50%0,50%843
Giu, 20243,65%0,75%1.001,002,48%0,50%841
Lug, 20243,60%0,75%995,002,47%0,50%839
Sett, 20243,51%0,75%985,002,28%0,50%819
Ott, 2024 2,96%0,75%925,002,02%0,50%792
Dic, 20242,88%0,75%912,001,98%0,50%788
Gen, 20252,73%0,75%887,002,29%0,50%820
Apr, 20252,00%0,75%816,002,55%0,50%848

Quando si riunirà la BCE?

Le prossime riunioni della BCE, durante le quali potrà essere deciso un nuovo taglio dei tassi di interesse, sono le seguenti:

  • 5 giugno 2025
  • 24 luglio 2025
  • 11 settembre 2025
  • 30 ottobre 2025
  • 18 dicembre 2025

Fonte: Idealista.it

Proposta irrevocabile d’acquisto: cos’è e come funziona

Cos’è e come funziona la proposta irrevocabile d’acquisto: vincoli, decadenza e recesso nella compravendita immobiliare.

La proposta irrevocabile d’acquisto rappresenta un atto formale di importanza fondamentale, all’interno delle compravendite immobiliari. Tramite questo strumento giuridico, l’acquirente si assume l’impegno unilaterale di mantenere ferma l’offerta per un periodo di tempo prestabilito, pena varie conseguenze legali.
Ma come funziona la proposta irrevocabile d’acquisto e, soprattutto, quali sono i vincoli sia per l’acquirente e per il venditore? E, ancora, quando è ammessa la possibilità di recesso?

  1. Cos’è la proposta unilaterale d’acquisto
  2. Quando decade una proposta irrevocabile d’acquisto

Cos’è la proposta unilaterale d’acquisto

La proposta irrevocabile d’acquisto è un atto formale con cui un soggetto, solitamente l’acquirente di un bene, si impegna a mantenere ferma l’offerta a determinate condizioni, per un periodo di tempo prestabilito. Disciplinata dall’articolo 1329 del Codice Civile, all’interno delle compravendite immobiliari, la proposta irrevocabile d’acquisto:

  • vincola l’offerta del compratore a specifiche condizioni;
  • ha una durata temporale prestabilita;
  • non può essere revocata prima della scadenza concordata.

Mentre l’acquirente è vincolato alla proposta presentata per l’acquisto dell’immobile, il venditore non è soggetto a particolari limitazioni prima di accettarla. Ad esempio, può decidere di vendere l’immobile a terzi, sempre prima dell’accettazione ed entro la scadenza concordata: l’impegno è infatti unilaterale, ovvero riguarda solamente il compratore. Tuttavia, una volta convalidata la proposta, si forma un contratto preliminare di compravendita che vincola entrambe le parti.

Come funziona la proposta unilaterale d’acquisto

Dopo aver definito cosa sia la proposta unilaterale d’acquisto, è utile apprenderne le caratteristiche e, fatto non meno importante, il funzionamento. In genere, l’acquirente ricorre a questo atto formale per testimoniare la serietà del proprio interesse nel concludere la compravendita. Dimostrando di essere disposto a sottoporsi a precisi vincoli, tali da non permettere la revoca della proposta presentata, il compratore può rassicurare la controparte sulle proprie intenzioni.

Accordo di proposta irrevocabile d'acquisto

Pexels

Tipicamente stilata in forma scritta, questa proposta d’acquisto si caratterizza per alcuni elementi essenziali:

  • i dati anagrafici delle parti;
  • l’eventuale presenza di intermediari, come un’agenzia immobiliare;
  • l’identificazione dell’immobile, riportandone nel documento l’ubicazione e i dati catastali;
  • il prezzo offerto per la compravendita;
  • il termine entro cui la proposta rimane valida;
  • le modalità di pagamento, come ad esempio l’impegno a coprire il prezzo tramite mutuo bancario, da perfezionarsi entro la firma del contratto definitivo;
  • le eventuali condizioni accessorie, quali una caparra a titolo di anticipo, se richiesta dalle parti.

Il processo ha inizio quando l’acquirente sottopone la proposta irrevocabile al venditore, in autonomia oppure approfittando del tramite dell’agenzia immobiliare. A questo punto, la controparte:

  • può accettare la proposta entro la scadenza prevista, in questo caso l’offerta stessa si trasformerà in un contratto preliminare di compravendita;
  • può rifiutare o non rispondere, facendo quindi decadere l’offerta, senza ulteriori obblighi per l’acquirente.

In merito al contratto preliminare di compravendita, è certamente utile specificare la differenza con la stessa proposta irrevocabile d’acquisto:

  • la proposta irrevocabile è unilaterale, così come già spiegato, perciò vincola solamente l’acquirente, entro le tempistiche e le condizioni sottoscritte;
  • il preliminare di compravendita è bilaterale, ovvero obbliga entrambe le parti a concludere la compravendita.

Ancora, è bene ribadire che, per evitare controversie o contenziosi, il documento dovrebbe sempre riportare esplicitamente la natura irrevocabile dell’offerta.

Quando decade una proposta irrevocabile d’acquisto

Come già accennato nei precedenti paragrafi, la proposta irrevocabile d’acquisto ha una validità temporale prestabilita, in base alla scadenza indicata nell’atto. Di conseguenza, se il venditore non dovesse accettarla entro i termini, quest’ultima decadrà automaticamente. Tuttavia, vi sono altre condizioni che possono determinare la decadenza della proposta d’acquisto. In particolare:

  • quando il venditore rifiuta esplicitamente la proposta. L’acquirente sarà immediatamente libero da ogni vincolo, anche prima della scadenza pattuita;
  • in caso di estinzione della proposta irrevocabile d’acquisto per inadempimento, ovvero per mancato rispetto degli accordi pattuiti;
  • per morte del proponente, qualora la proposta sia strettamente personale e non trasmissibile agli eredi, o in presenza di una specifica previsione contrattuale che ne disponga la decadenza;
  • in caso di incapacità del proponente, qualora presente al momento della proposta e la renda annullabile per incapacità naturale, secondo l’articolo 428 del Codice Civile, o se una sopravvenuta incapacità sia accompagnata da una previsione contrattuale che ne determini la decadenza.

I casi di inadempimento

Si è visto che una delle situazioni che può portare alla decadenza della proposta irrevocabile d’acquisto è l’inadempimento da parte dell’acquirente o del venditore. Ma cosa si intende, più precisamente?

La prima evenienza è quella di una proposta d’acquisto non rispettata dall’acquirente, ovvero del ritiro illegittimo da parte del compratore. Ciò accade quando lo stesso acquirente, non rispettando l’irrevocabilità prevista dall’articolo 1329 del Codice Civile, si svincola dall’offerta prima della scadenza o, ancora, elude gli obblighi assunti con la trasformazione della proposta nel preliminare di compravendita. Una simile situazione può causare:

  • la perdita della caparra confirmatoria, in base all’articolo 1385 del Codice Civile, che il venditore può trattenere come risarcimento per il danno subito;
  • la richiesta di risarcimento dei danni da parte del venditore, quando la proposta irrevocabile d’acquisto è senza caparra o se il danno eccede il suo importo;
  • la possibilità per il venditore di agire legalmente per danni, anche se l’esecuzione forzata è praticabile solo dopo l’accettazione e la formazione del preliminare.
Risarcimento per la proposta irrevocabile d'acquisto

Per contro, vi può essere un rifiuto non giustificato da parte del venditore: si verifica quando quest’ultimo, dopo aver accettato la proposta trasformandola in un preliminare, si sottrae alla compravendita senza giustificato motivo. Prima dell’accettazione, invece, il venditore è libero di rifiutare senza conseguenze. L’inadempimento al preliminare può comportare:

  • la restituzione della caparra, sempre in base all’articolo 1385 del Codice Civile, di importo doppio rispetto a quanto versato;
  • il risarcimento dei danni subiti dall’acquirente, come ad esempio il pagamento delle spese di perizia e mutuo, purché documentate;
  • l’esecuzione forzata del contratto preliminare, in base all’articolo 2932 del Codice Civile, che impone al venditore di trasferire comunque il bene.

Come facile intuire, si tratta di questioni anche particolarmente complesse da dimostrare, pertanto il supporto di un esperto legale è irrinunciabile.

Qual è il periodo di recesso per una proposta irrevocabile d’acquisto

Sul tema delle proposte irrevocabili d’acquisto, un dubbio frequente è relativo all’eventuale esistenza di un periodo in cui il recesso è ammesso anche per il compratore, prima della scadenza del termine concordato.

In realtà, come più volte ribadito, l’articolo 1329 del Codice Civile esclude la possibilità di un recesso ordinario per l’acquirente, poiché qualsiasi tentativo di svincolarsi prima della scadenza è inefficace. Tuttavia, possono sussistere alcune eccezioni, da valutare caso per caso. Ad esempio, il compratore può recedere anticipatamente:

  • se le clausole condizionali della proposta non possono essere garantite. Ad esempio, se l’offerta è subordinata a una condizione sospensiva, come l’effettiva approvazione del mutuo, l’acquirente potrà recedere prima della scadenza qualora la banca non dovesse approvare il finanziamento;
  • per errore o dolo, come l’emersione di un vizio dell’immobile – si pensi a un abuso edilizio, non noto al momento della presentazione dell’offerta – o un tentativo di inganno o raggiro da parte del venditore;
  • per decisione delle parti che, di comune accordo, decidono di sciogliere la proposta prima della scadenza stabilita.

Anche in questi casi, è sempre indicato affidarsi alla competenza di un esperto legale, affinché si possa correttamente valutare la sussistenza delle eccezioni ammesse, anche con la raccolta della dovuta documentazione.

Fonte: Idealista.it

Il peso dell’inflazione di marzo 2025 sui rinnovi annuali d’affitto: i canoni per città

L’Istat ha diffuso i dati relativi all’inflazione di marzo 2025, che fanno emergere un +1,9% su base annua per quanto riguarda l’indice dei prezzi al consumo. Spostando lo sguardo all’indice FOI, invece, l’aumento è dell’1,7% rispetto alle rilevazioni di marzo 2024. 

Proprio quest’ultimo avrà un impatto tangibile sul portafoglio degli inquilini che dovranno fare i conti con il rinnovo annuale dell’affitto, per i quali scatterà un aumento del canone di locazione. In Italia, in media, si pagheranno circa 14 euro in più al mese (e 168 euro all’anno). Scopriamo quanto aumentano gli affitti a seconda della città di residenza.

L’aumento dell’inflazione incide significativamente sulle finanze delle famiglie italiane, soprattutto su quelle che hanno l’adeguamento annuale del canone di locazione (per i contratti 4+4). Gli aumenti più consistenti si registrano a Milano, dove gli affitti mensili aumenteranno di circa 34 euro al mese rispetto allo stesso periodo del 2024. Per gli inquilini romani, invece, l’incremento mensile sarà di circa 20 euro.

È lo scenario che emerge da un’analisi di idealista, portale leader per sviluppo tecnologico in Italia, che ha calcolato quanto inciderà l’aumento dell’inflazione sull’adeguamento dei contratti di locazione di un trilocale in base all’Indice dei prezzi al consumo aggiornato e pubblicato dall’Istat. L’aumento dell’inflazione incide direttamente sui contratti di locazione legati all’indice FOI, ovvero quelli che prevedono la formula di durata 4+4.

Quanto aumentano gli affitti nei capoluoghi italiani con l’inflazione

I dati sono eleborati sulla media dei canoni di locazione di un trilocale rivalutati con l’indice FOI di marzo 2025

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CapoluogoCanone aggiornato (€/mese)Aggiornamento FOI 1,7% (€/mese)Canone mediano di un trilocale a marzo ’24 (€/mese)
Milano2.034342.000
Firenze1.627271.600
Como1.500251.475
Venezia1.322221.300
Bolzano-Bozen1.220201.200
Roma1.220201.200
Bologna1.119191.100
Monza1.119191.100
Napoli1.119191.100
Padova1.119191.100
Bergamo1.093181.075
Belluno1.068181.050
Olbia1.017171.000
Parma1.017171.000
Brescia96616950
Cagliari96616950
Salerno96616950
Varese96616950
Lecco91515900
Modena91515900

Fonte: Istat – idealista/dataScaricare i datiCreato con Datawrapper

Il report si concentra sull’analisi della media dei canoni di locazione richiesti negli annunci di trilocali in affitto pubblicati su idealista. Il taglio immobiliare analizzato dallo studio è stato individuato in quanto risulta essere quello più richiesto dalle famiglie, la categoria su cui l’aumento dell’inflazione pesa maggiormente.

In Italia, l’affitto per una casa con tre locali, secondo quanto rilevato a marzo 2024, era di 800 euro al mese. Con l’adeguamento annuale calcolato con l’indice di inflazione FOI di marzo 2025, gli inquilini che dovranno fare i conti con il rinnovo del canone dovranno pagare circa 14 euro in più al mese in media (168 euro all’anno). 

A seconda della città analizzate (il report si è concentrato esclusivamente sui capoluoghi e non sulle province per via di una base dati molto più consistente) la situazione può cambiare sensibilmente. A Milano ci sono gli inquilini che subiranno gli aumenti più evidenti dei canoni di locazione (+34 euro al mese e 408 euro in più all’anno). Un dato quasi scontato, visto che il capoluogo lombardo, da tantissimo tempo, rappresenta anche la città con la media degli affitti più cara d’Italia.

Aumentano di circa 27 euro al mese (324 euro all’anno) gli affitti per gli inquilini che hanno il rinnovo annuale del canone di locazione residenti a Firenze. Aumenti di circa 25 euro mensili (300 euro annui) per chi vive a Como e 22 euro al mese per gli inquilini di Venezia (264 euro all’anno). Mentre il rialzo si attesta intorno ai 20 euro mensili per i canoni di locazione a Roma e Bolzano (240 euro all’anno in media).

A Bologna l’aumento del canone mensile sarà di 19 euro al mese (come a Napoli, Padova e Monza), mentre a Cagliari di 16 euro mensili. Più in generale, gli impatti minori sugli aumenti dei canoni d’affitto (non oltre i 7 euro mensili) si rilevano a Vibo Valentia, Asti, Biella e Caltanissetta.

Fonte: Idealista.it

Decreto bollette 2025, le novità del testo approvato dalla Camera

La legge di conversione del decreto Energia, più conosciuto come decreto bollette 2025, ha ottenuto la fiducia dalla Camera e adesso approda in Senato per l’approvazione definitiva entro il 29 aprile. Ma vediamo quali sono le novità del testoche riguardano oltre al bonus bollette, anche il pignoramento delle case dei soggetti vulnerabili, il bonus elettrodomestici o il fringe benefit per le auto aziendali.

  1. Cosa prevede il decreto bollette per l’anno 2025?
  2. Quali sono i requisiti per ottenere il bonus bollette 2025?
  3. Decreto bollette 2025, no al pignoramento per i vulnerabili
  4. Decreto bollette bonus elettrodomestici 
  5. Auto aziendali fuori dalla tassazione dei fringe benefit
  6. Le altre misure per le aziende
  7. Contributo  a fondo perduto per le piscine

Cosa prevede il decreto bollette per l’anno 2025?

Il decreto bollette 2025 approvato a febbraio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio ed entrato in vigore il 1º marzo 2025. Successivamente il decreto è passato in Parlamento per la sua conversione in legge.

Il testo approvato dalla Camera prevede oltre a un contributo bollette per i clienti domestici con ISEE fino a 25.000 euro, anche novità che riguardano le polizze anticalamità, il fringe benefit per le auto aziendali o la protezione per i soggetti vulnerabili con lo stop al pignoramento degli immobili per debiti fino a 5000 euro.

Se il testo originale si componeva, infatti di sette articoli, sono stati approvati altri 13 articoli aggiuntivi.

Quali sono i requisiti per ottenere il bonus bollette 2025?

Tra le principali misure contenute nel provvedimento, c’è un contributo straordinario di 200 euro sulle forniture di energia elettrica per i clienti con ISEE fino a 25.000 euro. Il contributo va ad aggiungersi al bonus bollette già esistente e rivolto a clienti con ISEE fino a 9530 eurocon Isee fino a 9.530 euro, 15.000 euro con tre figli, 20.000 euro in caso di più di tre figli.

Il contributo straordinario del valore di 200 euro sulle forniture di energia elettrica dei clienti domestici con valori Isee fino a 25.000 euro sarà riconosciuto nel secondo trimestre 2025 a chi ha già presentato l’Isee e nel primo trimestre utile in caso di nuova presentazione.

Decreto bollette 2025, no al pignoramento per i vulnerabili

Un emendamento a firma della Lega approvato dalla Camera prevede lo stop al pignoramento degli immobili dei soggetti vulnerabili che abbiano contratto debiti per bollette condominiali non pagate fino a 5000 euro.

Inoltre viene previsto un sistema di tutele graduali per i soggetti vulnerabili che verranno inseriti in un mercato controllato, e non in quello libero, anche alla cessazione del servizio il 31 marzo 2027.

Decreto bollette bonus elettrodomestici 

Per quanto riguarda il bonus elettrodomestici, viene introdotto la possibilità di usufruirne mediante sconto in fattura, mentre viene eliminato il click day. Inoltre viene eliminata la soglia energetica minima (B).

Il contributo copre fino al 30% del costo, con un limite massimo di 100 euro per ogni elettrodomestico. Il limite viene elevato a 200 euro per le famiglie con un ISEE inferiore a 25.000 euro.

Auto aziendali fuori dalla tassazione dei fringe benefit

Viene introdotta una salvaguardia per le auto aziendali. I veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1º gennaio 2025 al 30 giugno 2025 saranno esclusi dal sistema di tassazione dei fringe benefit che è stato introdotto dalla legge di bilancio.

Le altre misure per le aziende

Vengono introdotte altre misure per la riduzione del costo dell’energia per le aziende. Infatti, vengono destinati per il 2025, 600 milinoi di euro per il finanziamento del Fondo per la transazione energetica nel settore industriale. Ma non solo, viene prevista un’agevolazione per la fornitura di energia elettrica per i clienti non domestici in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW.

Contributo  a fondo perduto per le piscine

Viene istituito un contributo di 10 milioni di euro a fondo perduto per le piscine “energivore” gestite da associazioni e società sportive iscritte nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche

Fonte: Idealista.it

Acquisto di case in classe energetica elevata: un trend in crescita

L’attenzione per la sostenibilità energetica cresce nel mercato immobiliare italiano. Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa sulle compravendite effettuate nel 2024 attraverso le sue agenzie, gli acquisti di abitazioni in classi energetiche elevate (A e B) sono aumentati, raggiungendo il 7,8% del totale. Un dato in crescita rispetto al 6,5% registrato nel 2023, confermato anche dai numeri dell’Agenzia delle Entrate che evidenziano un incremento delle transazioni di nuove costruzioni (+6% rispetto all’anno precedente).

La ripartizione per classe energetica

Lo studio di Tecnocasa mostra che le compravendite sono ripartite in questo modo:

  • Il 70% delle compravendite riguarda abitazioni in classe energetica bassa (F-G), in calo rispetto al 72,7% del 2022.
  • Le classi energetiche intermedie (C-D-E) rappresentano il 22,2% del totale, in crescita rispetto agli anni precedenti.
  • Gli acquisti di immobili in classe A e B sono in aumento, seppur ancora minoritari, con una quota del 7,8%.

Bologna al vertice, Napoli e Palermo in coda

L’analisi sulle grandi città italiane evidenzia significative differenze territoriali. Bolognaè la città con la più alta percentuale di acquisti in classe A e B, pari al 13,7%. Seguono Verona (9,3%) e Milano (6,8%).

Più basse le percentuali in altre metropoli: Bari, Torino e Roma si attestano attorno al 3%, mentre Genova, Palermo e Firenze registrano valori inferiori all’1%.

Napoli e Palermo: oltre il 90% delle compravendite in classi F-G

Se si guarda invece agli acquisti di immobili meno efficienti dal punto di vista energetico, Napoli e Palermo risultano le città con la maggiore incidenza di compravendite in classi F-G, con una quota superiore al 90%. Seguono Bari, Roma, Genova e Firenze, con percentuali comprese tra l’87% e l’89%.

All’opposto, Torino e Verona sono le città con la quota più bassa di acquisti in classi F-G (53-54%) e, allo stesso tempo, le più dinamiche nel segmento C-D-E, con incidenze rispettivamente del 43% e 36%.

Un mercato in trasformazione

I dati evidenziano una graduale transizione verso immobili a maggiore efficienza energetica, spinta dalle nuove costruzioni e da un’attenzione crescente verso il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale. Tuttavia, il mercato rimane ancora dominato da edifici con basse prestazioni energetiche, soprattutto nelle città del Sud Italia.

Fonte: Idealista.it

Vuoi una primavera ricca di fiori? Ecco le piante da esterno per la tua casa

Resistenti, ricadenti o perenni: scopri tutte le tipologie di fiori che crescono bene in primavera all’aperto.

La primavera è il periodo ideale per trasformare giardini e balconi e dargli nuova vita grazie a colori vivaci e profumi inebrianti. Con l’arrivo della bella stagione, iniziano a fiorire molte piante ornamentale. Alcune di queste, se ben curate, potranno poi fiorire anche durante gli anni successivi. Ecco, allora, quali sono le piante da esterno primaverili che potresti coltivare.

  1. Quali sono le piante fiorite da esterno più resistenti?
  2. I fiori primaverili perenni da piantare
  3. Fiori da balcone a cascata: quali tenere in pieno sole
  4. Cosa mettere in una fioriera per renderla più bella?

Quali sono le piante fiorite da esterno più resistenti?

La scelta delle piante dipende ovviamente anche dalle condizioni climatiche della tua zona e dal tempo che puoi dedicare alla loro cura. Per esempio, alcune piante sono particolarmente robuste e possono sopravvivere anche a temperature più fresche o a improvvisi cambiamenti climatici. Inoltre, altre specie richiedono rade innaffiature e poche cure durante i mesi più caldi. Queste possono essere: 

  • Geranio: riesce a fiorire abbondantemente anche in condizioni meno favorevoli, il geranio è il fiore da balcone per eccellenza, oltre a essere una scelta popolare per chi ama i colori intensi. Dovrai solo scegliere tra le sue oltre 1.000 varietà differenti.
  • Lavanda: oltre al suo profumo inconfondibile, la lavanda è una pianta resistente che prospera in condizioni di siccità e in terreni ben drenati.
  • Margherita africana (Osteospermum): spesso chiamata anche margherita del Capo, è perfetta per aggiungere un tocco di colore al tuo spazio esterno, sia esso un balcone o un giardino. Bisognerà solo fare attenzione ad eventuali gelate tardive.
  • Petunia: se vivi in una zona con il clima piovoso, la petunia fa al caso tuo, in quanto la multiflora riesce a resistere alle intemperie.
  • Begonia: Ideale per zone ombreggiate, riesce a crescere anche in pieno sole, tanto da configurarsi come un “jolly” per il tuo giardino.
cura gerani

I fiori primaverili perenni da piantare

Com’è noto, le piante perenni hanno un ciclo vitale abbastanza lungo. Alcune sono sempreverdi, ma non tutte. Alcune, infatti, conservano la vitalità delle radici e rifioriscono in primavera. Se curerai bene queste piante, potrai godere della loro bellezza anche l’anno successivo.

Tra i fiori primaverili perenni più popolari bisognerebbe menzionare le peonie, note per i loro grandi fiori profumati e la loro capacità di prosperare in diverse condizioni di luce. Anche le iris, pianta che viene chiamata anche giaggiolo, sono una scelta eccellente, con le loro fioriture spettacolari e la capacità di adattarsi a vari tipi di terreno. Le campanule, poi, con i tipici fiori delicati, sono ideali per bordure e aiuole, mentre le aquilegie offrono fioriture uniche e colorate durante i mesi di aprile e maggio. Il vantaggio, poi, è che che attirano gli uccelli impollinatori, ma anche api e farfalle.

surfinia

Fiori da balcone a cascata: quali tenere in pieno sole

D’altra parte, se cerchi fiori da balcone a cascata, queste specie sono perfette per creare un effetto quasi scenografico, aggiungendo profondità e colore ai tuoi spazi esterni. In particolare, potresti considerare di far fiorire in primavera:

  • Surfinia: una varietà di petunia particolarmente adatta per esposizioni soleggiate, nota per le sue abbondanti fioriture a cascata.
  • Bacopa: con i suoi piccoli fiori bianchi o viola, la bacopa è ideale per creare un effetto cascata sui balconi o tappezzare il terrazzo.
  • Verbena: questa pianta offre fioriture colorate e abbondanti, perfetta per vasi sospesi da esporre al sole.
  • Lobelia: immediatamente riconoscibile per i fiori di colore blu intenso, la lobelia è perfetta per aggiungere un tocco di colore ai balconi esposti al sole.

Cosa mettere in una fioriera per renderla più bella?

La scelta delle piante è fondamentale per rendere bellissima la tua fioriera. Ma non basta scegliere solo la specie giusta: dovrai posizionarle adeguatamente e accostare colture differenti. Opta per una combinazione di piante da fiore e piante verdi per creare contrasto. Considera anche l’inclusione di piante con foglie decorative, come l’edera o la felce, che possono far risaltare i fiori colorati.

Considera anche di disporre le piante su vari strati. Metti le piante più alte al centro o sul retro della fioriera, e quelle più basse davanti. Le piante a cascata come la lobelia o la surfinia possono essere posizionate sui bordi per creare un effetto riempitivo.

Non dimenticare, infine, di aggiungere piccoli sassi, conchiglie o pezzi di legno. Come “tocco di classe”, considera l’uso di vasi decorativi o colorati che si abbinino all’arredamento del tuo giardino o balcone.

portavasi ornamentale

Fonte: Idealista.it

Quanto si risparmia acquistando un immobile da ristrutturare? Scopri i dati per città

Comprare un immobile da ristrutturare è più una scocciatura o un’opportunità? La risposta a questa domanda è: dipende. Sì, perché a seconda dei casi, l’acquisto di una casa che necessita di lavori potrebbe essere la soluzione ideale per risparmiare qualcosa in fase di compravendita, da destinare sul budget necessario per realizzare la casa dei propri sogni. Gli appartamenti già ristrutturati, infatti, costano di più. Ma quanto? Lo rivela un report di idealista/data sui mercati delle città metropolitane in Italia.

  1. Conviene comprare una casa da ristrutturare?
  2. La situazione nei principali mercati immobiliari
  3. La situazione nel resto delle città metropolitane
  4. Perché investire su un immobile da ristrutturare

Conviene comprare una casa da ristrutturare?

Per il report di idealista/data, sono stati presi in considerazione i mercati immobiliari di quelle che l’Istat considera le 14 città metropolitane italiane, ovvero: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia. Per lo studio, inoltre, è stato scelto come taglio immobiliare di riferimento il trilocale, quello più richiesto dalle famiglie.

Come è logico immaginare, il costo di un trilocale da ristrutturare, secondo le rilevazioni sul quarto trimestre 2024, è più basso rispetto ai valori medi di una casa già ristrutturata o di nuova costruzione. In media, il prezzo richiesto è più basso tra il 10 e 26,8%, a seconda della città presa in riferimento. I risparmi maggiori, tuttavia, vengono rilevati nel Mezzogiorno.

Prezzi degli immobili da ristrutturare

Dati rilevati nel quarto trimestre 2024

CittàPrezzo medio degli immobili da ristrutturare (euro)Quanto si risparmia rispetto agli immobili ristrutturati
Bari182.00015,6%
Bologna274.00010%
Cagliari240.00013,8%
Catania109.00021,9%
Firenze350.00010%
Genova99.00018,9%
Messina75.00024,7%
Milano410.00010%
Napoli285.00011,9%
Palermo130.00020,3%
Reggio Calabria80.00026,8%
Roma299.00010,3%
Torino127.00016,1%
Venezia400.00010%

La situazione nei principali mercati immobiliari

Il mercato più caro d’Italia non sorprende, è Milano, dove per comprare un trilocale da ristrutturare ci voglio, in media, 410mila euro. Un’opzione che permetterebbe di risparmiare circa il 10% (41.000 euro) rispetto al prezzo medio di un appartamento ristrutturato (451.000 euro). Situazione simile a Venezia, dove viene rilevata la stessa percentuale di risparmio, su un costo medio di 400.000 euro per le case da ristrutturare.

Più in generale, il risparmio medio per chi sceglie un immobile da ristrutturare, nei principali mercati cittadini, si attesta intorno al 10%. Stessa identica percentuale rilevata anche a Firenze e Bologna, dove rispettivamente si risparmiano 35.000 e 27.400 euro. 

Leggermente superiore il risparmio garantito per chi vuole investire su un immobile da ristrutturare a Roma (10,3%), dove un trilocale costa mediamente 299.000, circa 30.704 euro in meno rispetto alla media dei prezzi degli appartamenti ristrutturati. Situazione ancor più vantaggiosa a Napoli, dove il markup è dell’11,9%, che si traduce in un risparmio medio di 33.904 (un trilocale da ristrutturare costa circa 285.000 euro).

La situazione nel resto delle città metropolitane

A Cagliari e Bari gli immobili da ristrutturare sono più cari rispettivamente del 13,8% (240.000 euro) e del 15,6% (182.000 euro). Al Nord, invece, i trilocali già ristrutturati sono più cari del 16,1% a Torino e del 18,9% a Genova. Ma è nel Mezzogiorno che si rilevano i vantaggi maggiori nell’acquisto di trilocali da ristrutturare: 26,8% a Reggio Calabria; 24,7% a Messina; 21,9% a Catania e 20,3% a Palermo.

Perché investire su un immobile da ristrutturare

Acquistare un immobile da ristrutturare significa poter risparmiare una considerevole somma sul prezzo di compravendita, da poter poi destinare ai lavori di modifica dell’appartamento per realizzare la casa secondo i propri desideri e necessità. Spesso, infatti, comprare una casa già pronta e ammodernata, può voler significare doversi accontentare e vivere un ambiente domestico scelto da altri.

Per avere un’idea dei costi di ristrutturazione, può essere utile consultare il nuovo servizio di idealista/data, tramite il quale, in pochi click, gli utenti potranno stimare il budget per una ristrutturazione completa della casa, per il rifacimento della cucina o del bagno e, infine, il budget per una riqualificazione energetica dell’immobile.

Oltre alla stima dei costi necessari per la realizzazione di tutti questi interventi, gli utenti riceveranno il valore di mercato aggiornato della propria casa proprio in seguito ai lavori di ristrutturazione. Sarà possibile, inoltre, selezionare una delle aziende partner di ristrutturazione per ricevere un preventivo aggiornato e, in seguito, avviare i lavori.

Fonte: Idealista.it

Omi, affittare sempre più caro: cresce del 3,7% il canone annuo

La consueta nota trimestrale ha fatto il punto anche del mercato degli affitti nel IV trim 2024

Leggera flessione del numero di abitazioni locate, mentre aumenta il canone annuo. Sono le principali evidenze della nota trimestrale OMI relativa al settore delle locazioni. Nel IV trim 2024, il numero di case date in affitto è diminuito dello 0,3% (-0,4% nei Comuni ad alta tensione abitativa). Il canone annuo è invece in aumento rispetto all’analogo periodo del 2023 e registra del 3,7%, con un volume prossimo a 1,7% miliardi di euro.

Contratto locazioni

OMI

Per quanto riguarda la tipologia di contratti stipulati, si registra nel IV trmestre dello scorso anno, una riduzione del numero di case locate con contratti ordinari di lungo periodo (-2,7%), mentre il canone diminuisce solo dello 0,6%. 

Per quanto riguarda invece gli affitti transitori, da 1 a tre anni, si registra una crescita del 2%, mentre il canone aunno aumenta dell’8%. Il canone concordato segna un rialzo dell’1%, con un aumento del 5% del canone. Il segmento delle locazioni con canone agevolato per gli studenti mostra un forte aumento sia del numero di contratti sia del canone. In particolare, le abitazioni locate in porzione crescono, in numero e per canone annuo, intorno al 10%.

Il mercato delle locazioni a Roma e Milano

Analizzando la situazione nei principali mercati di Roma e Milano, la nota OMI registra una flessione nella Capitale tanto del numero dei nuovi contratti (-7%) che del canone annuo (quasi l’1%). Per quanto riguarda il mercato meneghino, invece, si registra un aumento sia del canone annuo (+6,9%), sia l’aumento di abitazioni locate (5,5%).

locazione Milano e Roma

OMI

Fonte: Idealista.it

Affitti e redditi: quali spazi si possono permettere le famiglie italiane

Quanto spazio abitativo possono permettersi le famiglie italiane in affitto nelle principali città del Paese? A rispondere è un’analisi dell’Ufficio Studi di Locare, che ha confrontato il reddito medio familiare, calcolato dal Dipartimento delle Finanze del MEF per l’anno fiscale 2023, con il costo medio degli affitti aggiornato al 31 dicembre 2024. L’obiettivo è stimare la metratura accessibile in locazione nelle dieci città più popolose d’Italia.

  1. Un’analisi tra redditi e affitti
  2. Meno spazio al Nord, più metri quadrati al Sud
  3. Le città con meno spazio disponibile
  4. Un mercato sempre più difficile

Un’analisi tra redditi e affitti

L’indagine ipotizza un nucleo familiare con due percettori di reddito e un budget massimo del 30% del reddito annuo destinato al canone di locazione. I dati evidenziano forti disparità territoriali, con città dove le famiglie devono ridimensionare le proprie aspettative di spazio abitativo e altre in cui il rapporto tra redditi e affitti permette soluzioni più ampie.

Meno spazio al Nord, più metri quadrati al Sud

Il divario tra Nord e Sud appare evidente analizzando la metratura accessibile per ogni 1.000 euro di reddito destinato all’affitto:

  • Milano: 44 mq
  • Torino: 87 mq
  • Napoli: 67 mq
  • Palermo: 104 mq

A Palermo una famiglia può permettersi più del doppio dello spazio rispetto a Milano a parità di reddito disponibile. Anche Napoli, nonostante un reddito medio inferiore rispetto al Nord, offre una metratura superiore al capoluogo lombardo. Torino si colloca in una fascia intermedia, con un rapporto più equilibrato tra entrate e costi di locazione.

Le città con meno spazio disponibile

Firenze è la città in cui le famiglie devono adattarsi agli spazi più ridotti: con un reddito medio pro capite di 28.000 euro e una disponibilità annua per l’affitto di 16.800 euro, la metratura accessibile si ferma a 67 mq.

Segue Milano, dove, nonostante il reddito medio pro capite più alto tra le città analizzate (37.000 euro), i costi elevati delle locazioni limitano la superficie disponibile a 80 mq, con un budget di 22.200 euro annui. A Roma, il reddito medio pro capite è di 29.000 euro, con una disponibilità per l’affitto di 17.400 euro, sufficiente per una casa di 84 mq.

Napoli, il reddito medio pro capite è di 23.000 euro, per una disponibilità annua di 13.800 euro, che consente di affittare un’abitazione di 77 mq. A Bologna, invece, con un reddito medio di 29.000 euro e una disponibilità di 17.400 euro, è possibile affittare 86 mq.

Le città con maggiore disponibilità di spazio

Nel Sud la metratura disponibile aumenta: a Bari, con un reddito medio di 24.000 euro e una disponibilità di 14.400 euro, si possono affittare 100 mq, mentre a Catania, dove il reddito medio è di 20.000 euro, il budget per l’affitto di 12.000 euro permette di ottenere una casa di 107 mq.

Torino, il reddito medio pro capite è di 26.000 euro, con una disponibilità per l’affitto di 15.600 euro, che consente di affittare 109 mq. A Palermo, il reddito medio è di 22.000 euro, con una capacità di spesa annua di 13.200 euro, che permette di locare 115 mq.

La città in cui le famiglie possono vivere “più larghe” è Genova: con un reddito medio di 25.000 euro e un budget per l’affitto di 15.000 euro, si può affittare un’abitazione di 120 mq.

Un mercato sempre più difficile

“Il rapporto tra redditi e affitti continua a evidenziare forti squilibri tra le grandi città, dove gli spazi abitativi si riducono drasticamente, e le realtà dove il costo della locazione permette una qualità della vita migliore in termini di metratura disponibile” – sottolinea Andrea Napoli, CEO e founder di Locare. – “Un aspetto sempre più centrale per le famiglie italiane, in un mercato immobiliare in cui il divario tra domanda e disponibilità abitativa continua a crescere, con un impatto evidente sulla qualità della vita e sulle scelte residenziali degli italiani”.

Fonte: Idealista.it