Affitto in nero e sanzioni: cosa si rischia senza il contratto

L’affitto in nero espone a pesanti sanzioni, sia per il proprietario che per l’inquilino: ecco come regolarizzare il contratto.

L’affitto in nero può portare a sanzioni da non sottovalutare a carico del proprietario dell’immobile e del suo affittuario, poiché di fatto si tratta di evasione fiscale. La pratica di non regolarizzare tramite contratto gli accordi d’affitto è ancora largamente diffusa nel nostro Paese e, per questa ragione, il legislatore ha scelto la via di multe esemplari.

In caso di omessa registrazione del contratto d’affitto, e quindi suo mancato inserimento nella dichiarazione dei redditi del proprietario dell’immobile, si rischia infatti di dover corrispondere dal 120 al 240% dell’imposta originariamente dovuta. E, fatto non meno importante, si rischiano accertamenti fiscali fino ai cinque anni precedenti all’omessa regolarizzazione. È quindi sempre consigliato scegliere la via legale e, in caso di dubbi sulla produzione della relativa documentazione, approfittare di servizi guidati per la creazione del contratto d’affitto.

  1. Cosa si intende per affitto in nero
  2. Cosa rischia chi affitta senza contratto?
  3. Come si regolarizza un affitto in nero
  4. Come si scopre o si denuncia un affitto in nero?

Cosa si intende per affitto in nero

L’affitto in nero è la diffusa pratica che prevede la mancata registrazione del contratto d’affitto. In altre parole, il proprietario dell’immobile e il suo inquilino si accordano per evitare la sottoscrizione del contratto previsto per legge, allo scopo di eludere le imposte determinate sulla locazione. 

Per quanto questa usanza sia ancora abbastanza presente nel nostro Paese, l’omessa registrazione del contratto d’affitto è illegale. Di norma, proprietario e affittuario vi ricorrono per ottenere vari vantaggi:

  • l’inquilino può ottenere un canone d’affitto più vantaggioso, che verrà corrisposto al proprietario in contanti, data l’impossibilità di usare altri metodi di pagamento tracciati;
  • il proprietario può eludere la tassazione vigente sulla locazione poiché, non esistendo un regolare contratto d’affitto, l’accordo non viene reso noto al Fisco.

Eppure, quando si decide di approfittare di una locazione i nero, se ne sottovalutano i rischi. A partire dalle pesanti sanzioni che potrebbero essere comminate in caso di controlli.

Cosa rischia chi affitta senza contratto?

Affittare un immobile, senza però registrarne il regolare contratto d’affitto, è di fatto evasione fiscale. La disciplina sulla locazione è infatti fortemente regolamentata in Italia, in particolare dalla Legge 431/98, sottoposta a revisione nel 2005 proprio per introdurre pesanti sanzioni nel tentativo di limitare il fenomeno degli affitti in nero.

Affitto in nero, sanzioni

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Ma quali sono i rischi a cui ci si espone, accordandosi per un affitto senza la dovuta registrazione? A essere esposto maggiormente è il proprietario dell’immobile, sul quale penderanno le multe più gravose, tuttavia nemmeno l’inquilino ne è esente.

Cosa rischia il proprietario con un contratto d’affitto in nero?

Sono diversi i rischi a cui il proprietario di un immobile si espone non regolarizzando il contratto d’affitto, sia dal punto di vista fiscale che, ancora, da quello più pratico. Partendo proprio dagli accertamenti che il Fisco potrebbe condurre, il locatore colto in flagrante può ricevere pesanti sanzioni:

  • una sanzione dal 120 al 240% dell’imposta di registro dovuta se il contratto d’affitto non viene registrato o, ancora, viene registrato dopo i 30 giorni previsti per legge;
  • una sanzione dal 60 al 120% dell’imposta non versata, se il reddito da locazione non è stato specificato in sede di dichiarazione dei redditi;
  • una sanzione tra il 90 e il 180% dell’imposta dovuta, quando viene dichiarato un importo inferiore a quello a cui ci si è effettivamente accordati per l’affitto.

Oneri e multe non rappresentano, tuttavia, l’unico intoppo a cui il proprietario si espone con un affitto in nero. Vi sono infatti altre ragioni che rendono il contratto d’affitto un vero e proprio strumento di tutela:

  • in caso di inquilino moroso, il proprietario dell’immobile non potrà avvalersi delle procedure di sfratto, poiché il contratto non esiste;
  • la scoperta di un accordo in nero espone il proprietario non solo alle sanzioni per l’anno in corso, ma a controlli fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrare fino ai 5 anni precedenti.

Cosa rischia l’inquilino con un contratto d’affitto in nero?

Sebbene le conseguenze più gravose di un accordo in nero ricadano soprattutto sul proprietario dell’immobile, l’inquilino non potrà considerarsi esente. Anche su quest’ultimo ricadono infatti oneri fiscali:

  • l’imposta di registro;
  • l’IRPEF.

Scoperto un affitto in nero, l’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere all’inquilino di corrispondere le imposte omesse e le relative sanzioni: per quanto riguarda l’imposta di registro, sono le medesime che vengono applicate al proprietario.

Anche in questo caso, vi sono dei rischi ulteriori rispetto agli oneri fiscali. Ad esempio:

  • l’inquilino privo di contratto è ovviamente anche privo di tutele. Ad esempio, il proprietario potrebbe intimare la liberazione dei locali senza preavviso e, ovviamente, senza il rispetto di nessuna scadenza normalmente prevista per legge;
  • l’assenza del contratto impedisce di accedere ai bonus oggi disponibili per calmierare i costi degli affitti;
  • anche in questo caso, la scoperta di un accordo irregolare espone a controlli fiscali fino ai 5 anni precedenti.

Come si regolarizza un affitto in nero

Fortunatamente, per i proprietari e gli inquilini che dovessero decidere di tornare sui propri passi, vi è la possibilità di regolarizzare un affitto in nero, con la registrazione di un regolare contratto d’affitto. Il nostro ordinamento prevede infatti l’istituto del cosiddetto ravvedimento operoso.

Contratto d'affitto

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Di norma, la registrazione del contratto d’affitto deve avvenire entro 30 giorni dalla sua effettiva sottoscrizione, con apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Per questa ragione, nel caso di registrazione tardiva – e quindi di regolarizzazione – sarà comunque necessario corrispondere una sanzione. Tuttavia, l’entità della multa sull’imposta di registro è decisamente ridotta rispetto ai casi già enunciati, quando si opta per il ravvedimento operoso:

  • 6% dopo i primi 30 giorni;
  • 12% dopo 90 giorni;
  • 15% a un anno;
  • 17,14% superato l’anno;
  • 20% dopo i due anni.

A queste va aggiunta una sanzione del 24%, qualora la regolarizzazione fosse avvenuta a seguito della constatazione della violazione, ovvero quando l’affitto in nero viene scoperto da parte dalle autorità preposte. Naturalmente, per evitare futuri intoppi, il contratto dovrà essere stilato secondo quando previsto dalla legge: può quindi essere utile confrontare dei modelli di contratto d’acquisto precompilati.

Come si scopre o si denuncia un affitto in nero?

L’esistenza di un accordo di affitto in nero può essere scoperta direttamente dalle autorità preposte per i controlli fiscali o, ancora, denunciata alle stesse.

Nel primo caso, l’Agenzia delle Entrate potrebbe decidere di avviare dei controlli sulla base di una sospetta evasione fiscale. Ad esempio, il proprietario dell’immobile potrebbe avere a disposizione sul conto corrente una somma di denaro non congrua rispetto a quanto dichiarato al Fisco o, ancora, potrebbe depositare di frequente sul conto somme ricevute in contanti. In caso di mancata corrispondenza tra reddito effettivo e dichiarato, potrebbero scattare i relativi accertamenti.

Più complessa, invece, è la situazione in cui è l’inquilino a muoversi per denunciare la mancata registrazione del contratto.

La denuncia dell’affitto in nero

Per denunciare un affitto in nero, l’inquilino – o, ancora, chiunque sia a conoscenza dell’irregolarità, come ad esempio un vicino di casa – può procedere:

  • presso la Guardia di Finanza;
  • all’Agenzia delle Entrate, anche anonimamente.

Sarà tuttavia necessario presentare delle prove di quanto si asserisce, affinché l’effettiva esistenza di un accordo non registrato venga confermata:

  • una copia del contratto d’affitto non registrato, in caso sia stato scritto;
  • bonifici dei versamenti per il canone o, ancora, eventuali altri prove dei pagamenti, come le copie degli assegni;
  • le bollette intestate all’affittuario, che confermano di fatto risieda presso l’immobile privo di contratto.

A seguito della denuncia, l’inquilino può regolarizzare la sua posizione corrispondendo l’imposta di registro. Dopodiché, potrà richiedere che il contratto venga convertito e regolarizzato secondo i termini di legge – ad esempio un “4+4” oppure un “3+2” – e l’eventuale restituzione dei canoni extra versati.

Fonte: Idealista.it

CIN, obbligo di SCIA e cedolare secca al 26%. Tutte le novità del 2024 per gli affitti brevi

Tante le novità introdotte sulle locazioni brevi e per finalità turistiche. Sanzioni per chi non rispetta le nuove regole

Il “Decreto Anticipi” (Decreto-legge 18/10/2023, n. 145, convertito in Legge 15/12/2023 n. 191), introduce importanti novità nel settore degli affitti brevi, che avranno importanti effetti per inquilini/consumatori e proprietari di immobili, ma anche per le grandi piattaforme di intermediazione, come Airbnb, Booking e altri.

  1. Le novità introdotte dal Decreto Anticipi
  2. Codice Identificativo Nazionale
  3. Tempi di entrata in vigore del CIN
  4. Obblighi di sicurezza 
  5. Obbligo di SCIA
  6. La cedolare secca al 26% 

Le novità introdotte dal Decreto Anticipi

L’art. 13-ter del Decreto Anticipi prevede le seguenti novità:

  1. Assegnazione del Codice Identificativo Nazionale (CIN): Il Ministero del Turismo assegnerà un CIN alle unità immobiliari destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, comprese le locazioni brevi, e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere.
  2. Esposizione e Indicazione del CIN: I locatori sono tenuti a esporre il CIN all’esterno dello stabile e ad indicarlo in ogni annuncio pubblicato, con obblighi simili per gli intermediari immobiliari e i gestori di portali telematici.
  3. Obblighi di comunicazione e di Sicurezza: Tutte le unità immobiliari ad uso abitativo destinate alla locazione turistica dovranno essere dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e monossido di carbonio, nonché di estintori portatili. Introdotto inoltre l’obbligo di SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) presso lo sportello SUAP del Comune di ubicazione
  4. Sanzioni: Vengono stabilite sanzioni pecuniarie per l’assenza del CIN (da 800 a 8000 euro), per la mancata esposizione del CIN (da 500 a 5000 euro), per la mancata presentazione della SCIA (da 2000 a 10mila euro) e per la locazione di unità immobiliari prive dei requisiti di sicurezza (da 600 a 6000 euro per ogni violazione accertata).

Codice Identificativo Nazionale

Il CIN non è una novità assoluta. Già prima del Decreto Anticipi era previsto da diverse leggi regionali. Ora diventa obbligatorio e univoco su tutto il territorio nazionale, per tracciare tutti i proprietari di strutture abitative in affitto breve. Il codice identificativo nazionale, oltre ad essere uno strumento di tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, mira anche a contrastare le forme irregolari di ospitalità e il fenomeno dell’evasione fiscale. 

Il codice sarà assegnato dal Ministero del Turismo, previa presentazione in via telematica di un’istanza da parte di chi concede in locazione unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche o unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi (sottoscritti ai sensi dell’art. 4, D.L. n. 50/2017), ovvero del soggetto titolare della struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera.

È prevista una particolare procedura di “ricodificazione” per le regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano che hanno attivato procedure di attribuzione di specifici codici identificativi.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 13-ter del D.L. n. 145/2023, il CIN è assegnato dal Ministero del turismo, previa presentazione in via telematica di un’istanza da parte del locatore ovvero del soggetto titolare della struttura turistico-ricettiva, corredata di una dichiarazione sostitutiva, attestante i dati catastali dell’unità immobiliare o della struttura e, per i locatori, la sussistenza dei requisiti richiesti dallo stesso articolo 13-ter.

È obbligatorio esporre il CIN all’esterno dello stabile in cui è collocato l’appartamento in affitto; è obbligatorio inoltre indicare il CIN in ogni annuncio ovunque pubblicato e comunicato, anche online.

L’assenza del CIN sarà punita con la sanzione pecuniaria da 800 a 8.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell’immobile. La mancata esposizione e indicazione verrà invece punita con la sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell’immobile, per ciascuna struttura o unità immobiliare per la quale fosse accertata la violazione e con la sanzione dell’immediata rimozione dell’annuncio irregolare.

Tempi di entrata in vigore del CIN

L’entrata in vigore delle nuove norme non sarà immediata. Le disposizioni richiedono ulteriori interventi del Governo. Infatti, entro 30 giorni dall’entrata in vigore è necessario un decreto del Ministero del Turismo per definire le regole di interoperabilità tra banche dati nazionali e regionali per la ricodificazione e/o assegnazione del nuovo CIN nazionale.

Infine la legge entra in vigore definitivamente dopo 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di entrata in funzione della Banca Dati Nazionale e del portale per l’assegnazione del CIN.

Obblighi di sicurezza 

Le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche o con locazioni brevi (stipulate ai sensi dell’articolo 4 del D.L. n. 50/2017), gestite nelle forme imprenditoriali, devono munite dei requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente.

In ogni caso, tutte le unità immobiliari devono essere dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili a norma di legge da ubicare in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, in ogni caso, da installare in ragione di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano.

L’assenza di tali requisiti sarà punita con la sanzione pecuniaria da 600 a 6.000 euro per ciascuna violazione accertata.

Anche questo nuovo obbligo non è immediato. Entrerà in vigore, infatti, entro 60 giorni della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso attestante l’entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del Ministero del Turismo per l’assegnazione del CIN.

Obbligo di SCIA

È previsto infine che chiunque, direttamente o tramite intermediario, eserciti l’attività di locazione per finalità turistiche o locazioni brevi, in forma imprenditoriale, è soggetto all’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), presso lo sportello unico delle attività produttive (SUAP) del comune del territorio in cui è svolta l’attività. L’assenza di tale segnalazione sarà punita con la sanzione pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell’immobile.

La cedolare secca al 26% 

Anche la Legge di Bilancio 2024, in vigore dal 1° gennaio, introduce importanti novità per le locazioni brevi.

In dettaglio, è stata aumenta dal 21 al 26 per cento l’aliquota di imposta in forma di cedolare secca, applicabile ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati da persone fisiche, in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta.

Inoltre, la stessa norma 2024 ha modificato l’articolo 4, comma 5-bis, del Dl 50/2017 in tema di obblighi previsti per le locazioni brevi a carico dei soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliari.

Nel dettaglio, si prevede che, per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero che gestiscono portali telematici, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in questione, la ritenuta venga operata a titolo di acconto. 

Infine, si modificano le modalità di adempimento agli obblighi derivanti dalla disciplina fiscale sulle locazioni brevi distinguendo tra soggetti residenti fuori dall’Unione Europea, a seconda del fatto che dispongano o meno di una stabile organizzazione in uno Stato membro, e soggetti residenti nell’Unione Europea che non dispongano di una stabile organizzazione in Italia.

Di fatto si distinguono quattro categorie:

  • intermediari non residenti con stabile organizzazione in Italia.
  • intermediari residenti nell’Ue privi di stabile organizzazione in Italia.
  • intermediari residenti fuori dall’Ue con stabile organizzazione in uno Stato Ue.
  • intermediari residenti fuori dall’Ue privi di stabile organizzazione in uno Stato Ue.

Fonte: Idealista.it

Superbonus, come funziona nel 2024: dalla mancata proroga alle novità

Dopo le modifiche normative introdotte al superbonus nel 2023, il superbonus nel 2024 ha ormai cambiato volto. Accantonata (quasi del tutto) la detrazione al 110% e persa la speranza di una proroga, adesso il bonus più criticato e ambito del panorama edilizio torna con nuove percentuali di detrazione e nuovi requisiti. Vediamo come funziona il superbonus nel 2024 per le diverse tipologie immobiliari, come condomini e villette, e quali sono le novità e le ultime notizie anche per la cessione del credito e lo sconto in fattura.

  1. Addio alla proroga nel 2024
  2. Superbonus 2024 al 110%
  3. Percentuale al 70% per i condomini
  4. Unifamiliari e villette
  5. Superbonus 2024, il fondo per i cittadini con ISEE basso
  6. Sconto in fattura e cessione del credito per il superbonus 2024
  7. Plusvalenza superbonus 2024

Addio alla proroga nel 2024

L’ultimo intervento normativo, il decreto salva superbonus (approvato dalla Camera senza nessuna modifica), non ha in realtà salvato la detrazione così com’era stata formulata dal governo Conte. È infatti stata cancellata ogni speranza di proroga nel 2024 del superbonus al 110%. 

Al posto della proroga è arrivata invece una sanatoria per i lavori avviati nel 2023 nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul “Superbonus 110%”, sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023; per le opere ancora da effettuare, a partire dal 1° gennaio 2024 si confermano le percentuali previste a legislazione vigente (ovvero la detrazione al 70%) 

Superbonus 2024 al 110%

Il superbonus al 110% rimarrà solo per gli interventi realizzati sugli immobili presenti nelle zone sismiche, per cui l’antica detrazione resta in vigore fino al 2025. Il superbonus 110% nelle zone colpite da eventi sismici, verificatasi a partire dal 1º aprile 2009, per cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza, rimarrà infatti invariato.

Per questi immobili, inoltre, resta la possibilità di usufruire della detrazione in dichiarazione dei redditi e in alternativa per la cessione del credito o lo sconto in fattura. È però esclusa la possibilità di cedere l’agevolazione per i lavori di demolizione e ricostruzione degli edifici localizzati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, se non è stato richiesto entro il 30 dicembre 2023 il titolo abilitativo.

Percentuale al 70% per i condomini

Se nel 2023 il superbonus per i condomini era sceso dal 110% al 90% per tutti i lavori che rispettavano i requisiti, quest’anno la detrazione del bonus scende ancora al 70%. Nel 2025 la percentuale di detrazione scenderà al 65%.

La stessa percentuale del 70% vale anche per 

  • le ONLUS classiche
  • le ASP
  • le IACP (istituti autonomi case popolari)
  •  cooperative di abitazione a proprietà indivisa
  • le persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa

Scadenza diversa per il superbonus per le ONLUS che svolgono attività socio-sanitaria e assistenziale che potranno invece beneficiare del superbonus 110 fino al dicembre 2025 sempre e quando gli immobili oggetti dei lavori del superbonus rientrino nelle categorie B1, B2 e D4 e i membri del CDA non percepiscano compensi né indennità di carica.

Unifamiliari e villette

La fine del 2023 è stata anche la fine del superbonus per le villette e le case unifamiliari, per queste tipologie immobiliari non è previsto infatti un superbonus 2024La detrazione al 110%  era stata infatti prorogata fino al 31 dicembre 2023 solo per chi alla data del 30 settembre 2022 avesse completato il 30% dei lavori.

Per chi ha avviato i lavori nel 2023 è stata invece prevista una detrazione del 90%,solo però in presenza di determinati requisiti, ovvero per la riqualificazione di un immobile adibito ad abitazione principale, per una famiglia con un reddito ISEE non superore a 15000 e detentrice di un reale diritto di godimento dell’immobile.

Per tutti gli altri invece sarà possibile usufruire dei bonus per la casa del 2024 che ancora rimangono in vigore. Come illustrato in precedenza, il superbonus 110% nel 2024 sopravvive solo per le case unifamiliari colpite dal sisma del centro Italia.

Superbonus 2024, il fondo per i cittadini con ISEE basso

Nel dl n 212/2023 è stato istituito un fondo per i cittadini con un ISEE fino a 15000 euro che hanno realizzato entro il 31 dicembre 2023 almeno il 60% dei lavori. Il fondo vale per le spese sostenute dal 1º gennaio al 31 ottobre 2024 e serve a compensare la differenza tra la precedente aliquota del 110% e quella attuale fissata nella misura del 70%.

Il contributo che non concorre alla formazione della base imponibile, verrà erogato dall’Agenzia delle Entrate con modalità che seranno adottate con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento. 

Superbonus nel 2024

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Sconto in fattura e cessione del credito per il superbonus 2024

Nel 2024 non sarà possibile usufruire della cessione del credito e dello sconto in fattura per il superbonus, possibilità che era stata introdotta dal decreto Rilancio. 

Gli unici casi in cui lo sconto in fattura e la cessione del credito sono consentiti anche nel 2024 è per i lavori in corso per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, siano stati presentati i titoli abilitativi necessari alla realizzazione degli interventi o nel caso si tratti di lavori di edilizia libera siano stati effettuati i pagamenti o sottoscritti gli accordi per la fornitura dei beni da installare.

Plusvalenza superbonus 2024

Una novità importante per il superbonus nel 2024 è stata introdotta dall’ultima legge di bilancio.  La normativa prevede che sarà tassata al 26% la plusvalenza ottenuta rivendendo una casa che è stata ristrutturata con il superbonus 110. Si tratta di spese che non sono state realizzate dal venditore perché a carico dello Stato, ma che hanno consentito un notevole aumento di valore dell’immobile. In questo modo si vuol evitare che si faccia speculazione con il superbonus.

Quali sono i bonus 2024?

Detto addio, o quasi, al superbonus nel 2024, i conribuenti potranno continuare a beneficiarsi di altri bonus per la casa nel 2024. Quest’anno infatti sono ancora previste le seguenti agevolazioni:

  • ecobonus
  • bonus ristrutturazione
  • bonus infissi
  • sismabonus
  • bonus verde
  • bonus mobili
  • bonus barriere architettoniche

Fonte: Idealista.it

Affitti in aumento dell’1,9% a gennaio. Scopri i canoni nella tua città

A gennaio, i prezzi degli affitti continuano a salire, registrando un incremento mensile dell’1,9%, portando il prezzo al metro quadro a 12,8 euro al mese. Rispetto all’anno precedente, si osserva un significativo aumento delle richieste dei proprietari pari al 14,6%, come indicato nell’ultimo rapporto sui prezzi delle locazioni pubblicato da idealista, il portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia.

Regioni

La tendenza al rialzo dei canoni di affitto si è manifestata in tutte le regioni italiane, ad eccezione di Basilicata (-2,6%), Valle d’Aosta (-2,4%), Calabria (-2%) e Piemonte (-0,3%). I maggiori incrementi sono stati osservati in Molise (3,8%), Trentino-Alto Adige (3,6%), Lombardia e Toscana (entrambe con un aumento del 3,5%), superando così la media nazionale dell’1,9%. Anche in Sardegna (2,8%), Veneto (2,7%), Campania (2,6%) ed Emilia-Romagna (2,5%) si sono registrati aumenti superiori alla media. Il resto delle regioni hanno evidenziato incrementi che variano dall’1,6% del Lazio allo 0,1% delle Marche.

In termini di prezzi, la Valle d’Aosta si conferma come la regione con i canoni di locazione più elevati con 18,7 euro al metro quadro, seguita immediatamente dalla Lombardia con 18,5 euro/m2. Richieste superiori alla media nazionale di 12,8 euro al mese si osservano anche in Toscana (16,8 euro/m2), Trentino-Alto Adige (14,5 euro/m2) ed Emilia-Romagna (13,6 euro/m2). Negli altri territori, i prezzi variano dai 12,3 euro al mese del Lazio ai 6,3 euro del Molise, posizionando quest’ultimo come la regione con le locazioni più accessibili in Italia.

Province

Prevalenza di aumenti nella maggior parte delle 104 province monitorate da idealista, tra cui spiccano quelli a doppia cifra di Vercelli (17,4%) e Rimini (10,8%). Trentatré aree hanno mostrato incrementi superiori alla media nazionale dell’1,9%, con variazioni che spaziano dal 7,5% di Foggia al 2% di Parma. Al contrario, i cali più marcati si sono concentrati a Fermo (-10,5%), Rovigo (-6,9%), Grosseto (-6,5%), Benevento (-5,6%) e Reggio Calabria (-5,1%). Altri decrementi coinvolgono 30 province, con variazioni che spaziano dal 5% registrato a Massa Carrara al più modesto ribasso riscontrato a Taranto, Novara e Ancona (-0,1% ognuna delle tre province).

Per quanto riguarda i prezzi medi dei canoni di affitto provinciali, Lucca spicca come l’area più costosa, con 28 euro al metro quadro. Seguono da vicino Belluno (27,7 euro/m2), Rimini (22,5 euro/m2), e Milano (22,3 euro/m2), tutte con canoni superiori ai 20 euro mensili. Le restanti 100 province presentano prezzi che variano dai 19,3 euro mensili di Firenze ai 4,5 euro di Enna, la provincia con i canoni di locazione più accessibili in Italia.

Capoluoghi

Anche nei capoluoghi di provincia, l’andamento positivo è stato confermato nell’80% dei centri monitorati (68 città con un campione statistico rappresentativo). Le migliori performance sono state osservate a Siena (con un aumento del 6,1%), Trento e Latina (entrambe con un incremento del 5,1%), Lecco (con un aumento del 4,8%) e Napoli (con un incremento del 5,4%). Al contrario, si sono registrati cali più significativi a Modena (-4,4%), Pisa (-4,2%) e Pavia (-3,9%).

Dopo un ulteriore aumento del prezzo di richiesta del 2,9% nell’ultimo mese, Milano ha raggiunto il suo picco storico, con un prezzo medio di affitto che ha raggiunto i 23,6 euro al metro quadro, confermando così la sua posizione come la città con gli affitti più alti d’Italia. A seguire, troviamo Venezia (con 18,1 euro/m2), Bologna (con 16,8 euro/m2), Bolzano (con 15,3 euro/m2) e Roma (con 15,1 euro/m2). Al contrario, il capoluogo più conveniente risulta essere Caltanissetta (con 4,7 euro/m2), seguito da Vibo Valentia (con 5 euro/m2) e Reggio Calabria (con 5,5 euro/m2).

L’indice dei prezzi degli immobili idealista
Per la realizzazione dell’indice dei prezzi degli immobili di idealista vengono analizzati i prezzi di offerta basati sui metri quadri costruiti (a corpo) pubblicati dagli inserzionisti della piattaforma. Le inserzioni atipiche e le inserzioni con prezzi fuori mercato vengono eliminate dalle statistiche. Includiamo la tipologia di case unifamiliari (ville) e scartiamo immobili di qualsiasi tipologia che non hanno ottenuto interazioni da parte degli utenti per molto tempo. I dati finali vengono generati utilizzando la mediana di tutte le inserzioni valide in ciascun mercato.

Fonte: Idealista.it