Bonus edilizi 2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce tutte le novità della legge di bilancio

Tutti i chiarimenti nella circola n8/E del 19 giugno

Nella circolare n8/E del 19 giugno, l’Agenzia delle Entrate fa il punto sulle novità per cittadini e imprese introdotte dall’ultima legge di bilancio che riguardano i bonus edilizi 2025. Tra queste, la possibilità di usufruire di una detrazione del 50% per ibonus ristrutturazione, ecobonus e sismabonus quando i lavori sono eseguiti sull‘abitazione principale, mentre la percentuale è ridotta per la seconda casa. Ma i chiarimenti riguardano anche il superbonus per i condomini e il bonus mobili. 

  1. Bonus edilizi 2025 per l’abitazione principale
  2. Per la seconda casa
  3. Bonus impianti di climatizzazione 
  4. Superbonus per il condominio

Bonus edilizi 2025 per l’abitazione principale

Nel caso in cui l’immobile oggetto di lavori del bonus ristrutturazione, ecobonus o sismabonus sia adibito ad abitazione principale la detrazione è uguale al 50% delle spese sostenute nel 2025, mentre scende al 36% per le spese sostenute nel 2026 e 2027.

La detrazione resta quella più elevata anche se l’immobile è adibito a dimora abituale di un familiare del contribuente (coniuge, parente entro il terzo grado e affini entro il secondo). Per usufruire dell’agevolazione maggiorata, che spetta anche per gli interventi realizzati sulle pertinenze, come garage e cantine, è necessario che l’immobile venga adibito a prima casa entro la fine dei lavori.

Per la seconda casa

Se gli interventi di ristrutturazione o messa in sicurezza sismica riguardano una seconda casa, lo sconto fiscale è al 36% per le spese sostenute nel 2025, mentre scende al 30% nel 2026 e 2027.

Bonus impianti di climatizzazione 

Nel 2025, continueranno a essere incentivati nell’ambito dell’Ecobonus e del bonus ristrutturazioni gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale maggiormente in linea con le esigenze di tutela dell’ambiente. I benefici fiscali si applicano infatti ai microcogeneratori (anche se alimentati da combustibili fossili), ai generatori a biomassa, alle pompe di calore ad assorbimento a gas e ai sistemi ibridi che integrano pompa di calore e caldaia a condensazione. 

Dal 2025, invece, non saranno più previsti incentivi per la sostituzione di impianti di riscaldamento invernale con caldaie a condensazione e con i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili, in linea con la Direttiva UE 2024/1275. In questo caso, restano comunque detraibili le spese sostenute entro il 31 dicembre 2024, anche se gli interventi saranno completati dopo il 1° gennaio 2025.

Superbonus per il condominio

Per quanto riguarda il superbonus del 65% per le spese sostenute nel 2025 prevista a favore dei condomìni, delle persone fisiche che realizzano interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari, delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), delle Organizzazioni di volontariato (OdV) e delle Associazioni di promozione sociale (Aps) è  riconosciuto a patto che, entro il 15 ottobre 2024

  • risulti presentata la Cila
  • sia adottata la delibera assembleare per gli interventi effettuati dai condomini
  • sia presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo
  • se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici

Infine, la circolare ricorda che i contribuenti che hanno sostenuto spese nel 2023 per interventi agevolati potranno scegliere di ripartire la detrazione in 10 quote annuali di pari importo e precisa che la scelta potrà essere effettuata presentando una dichiarazione integrativa entro il 31 ottobre 2025. In caso di maggior debito d’imposta, il versamento potrà essere effettuato senza sanzioni né interessi entro il termine per il versamento del saldo delle imposte relative al 2024.

Fonte: Idealista.it

Quanto incide l’inflazione di maggio 2025 sui rinnovi annuali d’affitto: i canoni per città

L’Istat ha reso noto il dato che riguarda l’inflazione di maggio 2025, che fa registra un +1,6% su base annuale per quanto riguarda l’indice dei prezzi al consumo. Mentre l’indice FOI: cresce dell’1,4% rispetto a 12 mesi fa. Quest’ultimo dato avrà un impatto tangibile sui bilanci famigliari degli inquilini con il rinnovo annuale dell’affitto, per i quali scatterà un aumento del canone di locazione. In Italia, in media, si pagheranno circa 12 euro in più al mese (e 144 euro all’anno). Scopriamo quanto aumentano gli affitti a seconda della città in cui si vive.

L’aumento dell’inflazione incide significativamente sul bilancio domestico delle famiglie italiane, soprattutto per quelle che hanno l’adeguamento annuale del canone di locazione (per i contratti 4+4). Gli aumenti più consistenti si registrano a Milano, dove gli affitti mensili aumenteranno di circa 28 euro al mese rispetto allo stesso periodo del 2024. Per gli inquilini romani, invece, l’incremento mensile sarà di circa 18 euro.

Tale scenario emerge da un’analisi di idealista, portale leader per sviluppo tecnologico in Italia, che ha calcolato quanto inciderà l’aumento dell’inflazione sull’adeguamento dei contratti di locazione di un trilocale in base all’Indice dei prezzi al consumo aggiornato e pubblicato dall’Istat. L’aumento dell’inflazione incide direttamente sui contratti di locazione legati all’indice FOI, ovvero quelli che prevedono la formula di durata 4+4.

Quanto aumentano gli affitti nei capoluoghi italiani con l’inflazione

I dati sono eleborati sulla media dei canoni di locazione di un trilocale rivalutati con l’indice FOI di maggio 2025

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CapoluogoCanone aggiornato (€/mese)Aggiornamento FOI 1,4% (€/mese)Canone mediano di un trilocale ad maggio ’24 (€/mese)
Milano2.003281.975
Venezia1.521211.500
Firenze1.420201.400
Roma1.268181.250
Bologna1.217171.200
Bolzano-Bozen1.217171.200
Como1.217171.200
Monza1.115151.100
Padova1.115151.100
Verona1.115151.100
Bergamo1.014141.000
Brescia1.014141.000
Cagliari1.014141.000
Napoli1.014141.000
Parma96313950
Varese94313930
Belluno91313900
Gorizia91313900
Lecco91313900
Modena91313900

Il report si concentra sull’analisi della media dei canoni di locazione richiesti negli annunci di trilocali in affitto pubblicati su idealista. Il taglio immobiliare analizzato dallo studio è stato individuato in quanto risulta essere quello più richiesto dalle famiglie, la categoria su cui l’aumento dell’inflazione pesa maggiormente.

In Italia, l’affitto per una casa con tre locali, secondo quanto rilevato a maggio 2024, era di 850 euro al mese. Con l’adeguamento annuale calcolato con l’indice di inflazione FOI di maggio 2025, gli inquilini che dovranno fare i conti con il rinnovo del canone dovranno pagare circa 12 euro in più al mese (e 144 euro all’anno). 

A seconda della città analizzate (il report si è concentrato esclusivamente sui capoluoghi e non sulle province per via di una base dati molto più consistente) può variare anche considerevolmente. Gli inquilini che subiranno gli aumenti più evidenti dei canoni di locazione sono quelli che risiedono a Milano (+28 euro al mese e 336 euro in più all’anno). Un dato decisamente preventivabile, considerando che il capoluogo lombardo, ormai da tempo, rappresenta anche la città con la media degli affitti più cara d’Italia.

Aumentano di circa 21 euro al mese (252 euro all’anno) gli affitti per gli inquilini che hanno il rinnovo annuale del canone di locazione residenti a Venezia e di circa 20 euro mensili (240 euro annui) a Firenze. Chi vive a Roma vedrà aumentare il canone di locazione, in media, di 18 euro al mese (216 euro all’anno). Rialzi nell’ordine dei 17 auro al mese per gli affitti nelle città di Bologna, Bolzano e Como.

A Cagliari l’aumento del canone mensile sarà di 14 euro al mese (come a Napoli), mentre a Bari si pagheranno circa 12 euro in più al mese.  Più in generale, gli impatti minori sugli aumenti dei canoni d’affitto (non oltre i 6 euro mensili) si rilevano a Agrigento, Chieti, Enna, Terni, Vibo Valentia, Carbonia, Caltanissetta, Alessandria, Biella, Nuoro, Asti, Isernia.

Fonte: Idealista.it

Locazioni in Italia: il caro affitti fa preferire i monolocali

Il mercato degli affitti in Italia continua a evolversi, seguendo le trasformazioni sociali, economiche e demografiche del Paese. Secondo l’ultima analisi del Gruppo Tecnocasa, relativa ai contratti di locazione stipulati nel 2024, emergono tendenze interessanti: crescono i contratti brevi, aumentano le locazioni a lavoratori fuori sede e si affermano i monolocali come soluzione abitativa sempre più ricercata.

  1. Scelte abitative e nuovi equilibri
  2. Tipologie di contratto: si rafforza il transitorio
  3. Monolocali in ascesa, guidati dal caro-affitti
  4. Inquilini sempre più giovani

Scelte abitative e nuovi equilibri

La maggior parte dei contratti d’affitto del 2024 – pari al 64,7% – è stata sottoscritta da chi ha scelto la locazione come forma di residenza, spesso per ragioni personali o per motivi economici. Aumentano però anche le locazioni legate al lavoro, con il 27,4% dei contratti stipulati da lavoratori in trasferta (in crescita rispetto al 25,5% del 2023). Gli affitti agli studenti, invece, registrano un lieve calo e si fermano al 7,9%.

Milano e Bologna sono le città dove l’incidenza degli affitti per motivi lavorativi è più alta, rispettivamente con il 45,3% e il 64,9%. Bologna, Torino, Milano e Genova guidano invece la classifica degli affitti universitari. A Roma si nota un’inversione di tendenza con una crescita significativa degli affitti agli studenti, passati dal 9,7% al 12,8%, mentre anche i lavoratori in trasferta risultano in aumento (dal 25,0% al 26,8%).

Al Sud, le città dove gli affitti sono maggiormente motivati da esigenze abitative sono Palermo (77,8%), Genova (73,8%) e Napoli (71,5%).

Tipologie di contratto: si rafforza il transitorio

Tra le grandi città italiane si riscontrano preferenze diversificate in merito ai tipi di contratto. A Milano, Bologna, Firenze e Bari prevale il contratto a canone libero (oltre il 50%), mentre a Roma si afferma nettamente il canone concordato (60,8%). Quest’ultimo risulta molto utilizzato anche a Genova (71,6%) e Verona (59,7%).

Cresce anche l’adozione del contratto transitorio, pensato per esigenze temporanee: Milano è al primo posto con il 41,3% dei contratti stipulati in questa modalità, seguita da Torino (34,6%), Bari (33,3%) e Verona (32,6%). Da notare, inoltre, l’aumento dei contratti a canone concordato a Milano, passati dall’1,7% del 2023 al 5,0% nel 2024.

Monolocali in ascesa, guidati dal caro-affitti

Dal punto di vista delle tipologie abitative, i bilocali restano i più richiesti con il 37,9% delle preferenze, seguiti dai trilocali (29,6%). Tuttavia, si registra un incremento significativo della domanda di monolocali, che nel 2024 rappresentano il 10,7% del totale, contro il 7,5% del 2019. Un cambiamento legato anche al costante aumento dei canoni di locazione, che spinge molti inquilini – soprattutto single e giovani – verso soluzioni più contenute.

Inquilini sempre più giovani

Infine, il quadro demografico conferma il forte protagonismo delle fasce più giovani: quasi la metà degli affitti (45,8%) è stata stipulata da persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Una percentuale che cala progressivamente con l’aumentare dell’età, segno di un mercato locativo sempre più orientato alle esigenze della mobilità, della flessibilità e dell’accessibilità economica.

In sintesi, il 2024 segna un’evoluzione importante nel panorama delle locazioni in Italia: i monolocali guadagnano terreno, aumentano i contratti transitori, e le grandi città registrano cambiamenti significativi nei comportamenti abitativi, in risposta a un contesto economico in continua trasformazione.

Fonte: Idealista.it

I trend del mercato immobiliare in Italia nel 2025

Il mercato immobiliare italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione. Dopo un 2023 di assestamento, il 2024 ha segnato una svolta netta, con una ripresa solida degli investimenti e una ridefinizione delle preferenze abitative. È quanto emerge dall’ultima edizione del Real Estate DATA HUB del Centro Studi di REMAX Italia, dall’Ufficio Studi di YARD REAAS e dall’Ufficio Studi di 24MAX, che restituisce una fotografia aggiornata e dettagliata dello stato del real estate in Italia, delineando anche le prospettive per il 2025.

Crescono gli investimenti, cambia la domanda

Il dato più evidente è il rinnovato interesse per il settore immobiliare: nel 2024 gli investimenti complessivi hanno sfiorato i 10 miliardi di euro, con un incremento superiore al 50% rispetto all’anno precedente. A guidare questa ripresa è stata una domanda in evoluzione, sempre più orientata alla qualità dell’abitare, alla flessibilità degli spazi e alla sostenibilità ambientale.

“Non è più solo una questione di metri quadri, ma di contesto, servizi, benessere e connettività”, sottolinea Dario Castiglia, CEO & Founder di REMAX Italia. Una dinamica che ha ridefinito anche la mappa del valore immobiliare, ridando centralità alle province e alle periferie urbane, considerate oggi nuove aree di sviluppo strategico grazie al miglior rapporto tra qualità della vita e prezzo al metro quadro.

Residenziale: il rilancio parte dalle periferie

Il segmento residenziale ha registrato un’accelerazione nella seconda metà del 2024, con un aumento medio dei prezzi superiore al 3% e una crescita significativa delle compravendite. La Lombardia si conferma la regione leader, contribuendo al 35% del volume nazionale di transazioni. Segnali positivi arrivano anche da Liguria, Veneto, Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna e Toscana, mentre al Sud emergono Puglia, Campania e Sicilia.

Milano guida la classifica delle compravendite, seguita da Roma e Torino. Tuttavia, è nelle zone periferiche e nei comuni ben collegati ai grandi centri che si registra la maggiore crescita della domanda, specie da parte di giovani famiglie e investitori alla ricerca di rendimenti solidi e maggiore vivibilità. Il trilocale resta la tipologia più richiesta al Nord, mentre nel Sud Italia guadagnano terreno soluzioni più ampie, come i quadrilocali, grazie a una maggiore accessibilità economica.

Mutui: giovani protagonisti e focus sulla sostenibilità

Il mercato del credito immobiliare beneficia di un contesto macroeconomico più favorevole. I recenti tagli dei tassi da parte della BCE e il rinnovato slancio di strumenti come il Fondo di Garanzia Prima Casa hanno riattivato la progettualità, soprattutto tra i più giovani. Il 97,5% delle richieste di mutuo riguarda l’acquisto della prima casa, con il tasso fisso scelto nel 97,8% dei casi.

In termini demografici, il 34% dei richiedenti ha tra i 35 e i 44 anni, seguito dalla fascia 25-34 anni (32,4%), a conferma di una rinnovata fiducia da parte dei first-time buyer. In costante crescita anche i mutui “green”, oggi oltre il 10% del totale, segno tangibile di una maggiore attenzione alla sostenibilità energetica.

Uffici, retail, logistica e hospitality: asset in evoluzione

Il Real Estate DATA HUB dedica ampio spazio anche ai segmenti non residenziali, evidenziando traiettorie di crescita interessanti:

  • Direzionale: dopo anni di stallo, gli uffici tornano al centro dell’interesse degli investitori, soprattutto se flessibili, sostenibili e adatti a modelli ibridi di lavoro. L’interesse per gli immobili ESG-compliant è in forte espansione.
  • Retail: vero protagonista del 2024, il comparto commerciale registra un boom di investimenti, trainato da nuovi operatori e una distribuzione dinamica su tutto il territorio nazionale, in particolare nel Nord-Est, Nord-Ovest e Sud.
  • Logistica: settore stabile nel 2024, con un incremento del 10% dei canoni di locazione per le nuove costruzioni. Il 2025 si preannuncia positivo, con segnali di ripartenza soprattutto nelle aree strategiche per l’e-commerce.
  • Hospitality: sostenuto dalla crescente domanda di turismo di qualità, il settore ricettivo registra un aumento degli investimenti, in particolare su resort e branded residence, trend emergente nel 2025.

Secondo Laura Piantanida MRICS, Head of Institutional Relations di YARD REAAS, “stiamo assistendo al consolidamento di macro-trend chiave come la rilevanza dei criteri ESG e l’affermazione del Build to Rent, asset class sempre più strategica anche nel contesto italiano”.

Uno sguardo al 2025

Le prospettive per il 2025 restano positive. La possibilità di ulteriori tagli dei tassi potrebbe rafforzare la fase espansiva già in atto, favorendo l’accesso al credito e alimentando ulteriormente la domanda. La crescente attenzione a sostenibilità, flessibilità e qualità dell’abitare continuerà a plasmare un mercato sempre più integrato e attento alle nuove esigenze sociali ed economiche.

Con una domanda che cambia, investitori più selettivi e nuove priorità legate ai fattori ambientali e digitali, il real estate italiano si avvia verso una nuova stagione di sviluppo, in cui periferie, ESG e innovazione saranno le parole chiave.

Fonte: Idealista.it

Conviene un mutuo all’80 o al 100%: tutti i fattori da considerare

Per capire se sia più conveniente un mutuo all’80% o al 100%, bisogna considerare diversi fattori su rate e tassi d’interesse.

Chi vuole realizzare il sogno di acquistare una casa, pur non avendo grandi risparmi a disposizione, si trova certamente a dover rispondere a una domanda: conviene più un mutuo all’80 al 100%? L’importo effettivamente richiesto alla banca può infatti fare la differenza sul peso delle rate, in base alla tipologia di tasso prescelto, fisso o variabile. Molto però dipende dall’istituto di credito prescelto, di conseguenza è utile valutare preventivamente le condizioni, per trovare il mutuo migliore per le proprie esigenze.

  1. Le caratteristiche del mutuo all’80 e al 100%
  2. Che tipo di mutuo conviene fare oggi

Le caratteristiche del mutuo all’80 e al 100%

Per capire quale opzione di mutuo sia più conveniente, tra un finanziamento all’80% e uno invece al 100%, è necessario vagliarne le caratteristiche e il funzionamento. Per quanto di primo acchito la differenza fra i due appaia irrisoria, le conseguenze in termini di rate e interessi possono essere sensibili.

Come funziona un mutuo all’80%

Innanzitutto, è utile capire come funziona un mutuo all’80 per cento. È di certo una delle tipologie di finanziamento immobiliare più diffusa e, così come facile intuire, copre fino all’80% del valore dell’immobile che si desidera acquistare.

In altre parole, questo mutuo si basa sul principio del Loan to Value (LTV), ovvero il rapporto tra l’importo richiesto e il valore dello stesso immobile:

  • la banca eroga un mutuo all’80 per cento del valore dell’immobile;
  • il cliente copre il restante 20% con propri fondi.
Fondi per il mutuo all'80%

La soglia non è casuale, ma è indicata dal Testo Unico Bancario – il D.Lgs 385/1993 – che stabilisce che i mutui non dovrebbero superare l’80% del valore dell’immobile ipotecato, se non in presenza di garanzie integrative. Un simile riferimento ha molteplici finalità: da un lato riduce il rischio per la banca, dall’altro consente al richiedente di approfittare di tassi d’interesse generalmente più bassi.

Naturalmente, per un mutuo all’80% il valore da perizia diventa fondamentale: il calcolo sull’immobile viene infatti valutato in base alla perizia disposta dalla banca e non, come erroneamente si crede, sul prezzo d’acquisto. Di conseguenza, se una casa viene valutata 100.000 euro:

  • l’istituto di credito eroga 80.000 euro;
  • il richiedente copre gli altri 20.000 euro di tasca propria.

È bene ricordare che, se il richiedente dispone di fondi maggiori, l’LTV può essere ulteriormente abbassato rispetto all’80%, una situazione che ne facilita peraltro l’approvazione. In questo caso, è utile simulare la rata del mutuo per comprendere quanto effettivamente si andrà a spendere.

Quando la banca dà un mutuo il mutuo al 100%

Sebbene il Testo Unico Bancario indichi una soglia LTV dell’80%, in alcuni casi è comunque possibile ottenere un finanziamento al 100% del valore dell’immobile. In particolare, sono sostanzialmente due le situazioni che permettono di ottenere l’erogazione di un mutuo dal completo valore dell’immobile.

Il primo gruppo di casistiche riguarda la richiesta di un mutuo al 100% in presenza di garanzie integrative, come fideiussioni bancarie, polizze assicurative o ipoteche su altri immobili, così come anche deliberato dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) nel 1995. Più nel dettaglio:

  • le garanzie aggiuntive possono ridurre il rischio per la banca e, di conseguenza, permettere l’erogazione di un finanziamento completo. È di solito preferito un garante, che possa intervenire qualora l’intestatario del mutuo sia insolvente, ma alcuni istituti di credito ammettono anche polizze assicurative fideiussorie per coprire la porzione eccedente all’80%;
  • alcune banche consentono di raggiungere il 100% per immobili acquistati all’asta, in considerazione del loro prezzo d’acquisto spesso inferiore all’effettivo valore di mercato;
  • similmente alle aste, diversi istituti di credito valutano l’erogazione al 100% quando il prezzo di vendita è significativamente inferiore al valore di mercato, come nel caso della vendita di immobili dismessi da parte degli enti pubblici.

In presenza di requisiti di reddito e patrimoniali validi, è comunque utile sapere che uno dei fattori determinanti è l’età: ad esempio, i mutui al 100% per over 50 potrebbero richiedere delle garanzie ulteriori a quelle già elencate.

Il secondo gruppo riguarda invece l’erogazione di mutui al 100% per tutti i richiedenti che, per condizioni anagrafiche o di reddito, possono accedere a strumenti di garanzia pubblica, come il Fondo di Garanzia Prima Casa del Consap, istituito con la Legge 147/2013. Quest’ultimo permette di ottenere una garanzia statale fino al 50% della quota capitale del mutuo, elevabile all’80% per i giovani under 36 o al 90% per famiglie con cinque o più figli, consentendo così alla banca di erogare fino al 100% del valore dell’immobile. Ovviamente, l’accesso al fondo è soggetto al rispetto di alcuni requisiti:

  • non possedere altri immobili a uso abitativo;
  • acquistare un immobile adibito ad abitazione principale, purché non delle categorie catastali di lusso A/1, A/8 e A/9;
  • non richiedere un mutuo superiore ai 250.000 euro;
  • presentare un ISEE non superiore a 40.000 euro – fino a 50.000 euro per le famiglie numerose – tenendo però in considerazione che per alcune categorie prioritarie, come gli under 36, il requisito ISEE può essere derogato in base alle condizioni della banca erogante.

Che tipo di mutuo conviene fare oggi

Elencate le caratteristiche generali dei finanziamenti all’80 o al 100%, è utile soffermarsi sulla loro convenienza. La scelta deriva ovviamente dalle esigenze personali e da altri fattori, come l’età, la situazione finanziaria personale, il reddito e i risparmi già accumulati. Tuttavia, in previsione di rate meno pesanti sul bilancio familiare, la differenza fra i due finanziamenti può essere importante.

Qual è il tasso d’interesse per un mutuo al 100%

Il primo fattore da prendere in considerazione, è il tasso d’interesse: generalmente, i mutui al 100 per cento prevedono dei tassi più elevati, in virtù del fatto che il rischio per la banca è maggiore.

Interessi del mutuo al 100%

Un LTV al 100% comporta che la banca, erogando l’intero valore dell’immobile, rischia maggiormente in caso di insolvenza. Di conseguenza:

  • viene applicato uno spread – ovvero, la maggiorazione sul tasso d’interesse base prevista dall’istituto di credo – decisamente più alto;
  • possono essere richieste delle polizze assicurative aggiuntive che aumentano il TAEG, ovvero il Tasso Annuo Effettivo Globale.

Queste maggiorazioni non sono presenti per i finanziamenti con LTV più basso, tanto che spesso è possibile sottoscrivere mutui all’80% senza garante, proprio poiché per la banca il rischio è inferiore. Il discorso è però diverso se il mutuo al 100% deriva da una garanzia pubblica, come il Fondo Consap, che permette ad alcune banche di offrire tassi calmierati, limitati al Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) e sostanzialmente simili a quelli dei mutui da LTV inferiore.

Quale mutuo effettivamente conviene

In base alle considerazioni sui tassi, quale mutuo conviene davvero? In linea generale, i mutui all’80% – o, meglio ancora, con un LTV inferiore – rimangono i più vantaggiosi, perché

  • gli interessi sono mediamente più bassi;
  • possono essere erogati anche senza un garante, se la situazione reddituale del richiedente lo permette;
  • comportano durate generalmente inferiori o, ancora, delle rate più contenute.

Ma quando conviene il mutuo al 100%? Fatta eccezione per coloro che non dispongono di fondi propri, e quindi non possono comunque avvalersi di mutui dal Loan to Value più vantaggioso, il finanziamento completo è vantaggioso quando:

  • si ha la possibilità di accedere al Fondo Consap, quindi a una garanzia pubblica;
  • per i mutui all’80% garantiti per gli under 36, perché i giovanissimi possono accedere a garanzie pubbliche specifiche, sempre gestite dal Consap, che eliminano la necessità di un garante e permettono di ottenere mutui al 100% con tassi vantaggiosi;
  • si richiede una certa flessibilità di erogazione per acquisti particolari, come immobili all’asta o quando il prezzo è notevolmente inferiore al valore effettivo dell’immobile.

Tuttavia, oltre alla possibilità di rate più alte o durata maggiore del finanziamento, bisogna tenere in considerazione anche le finalità: mentre un erogazione completa può comunque essere vantaggiosa per una prima casa, il mutuo al 100% sulla seconda casa potrebbe prevedere tassi addirittura maggiori. Per questa ragione, il consiglio è quello di vagliare le offerte di più istituti di credito e, se necessario, avvalersi dell’aiuto di un consulente qualificato.

Fonte: Idealista.it

Quante tipologie di contratti di affitto esistono e quando si usano

La normativa italiana mette a disposizione alcune tipologie di contratti di locazione da utilizzare a seconda delle esigenze.

La normativa italiana permette di utilizzare un immobile di proprietà di un soggetto diverso per un determinato periodo, a fronte del pagamento di un canone di locazione. I rapporti tra proprietario ed inquilino possono essere regolamentati attraverso diverse tipologie di contratti di affitto, le quali possono essere suddivisi in questo modo: a canone libero e a canone concordato. Quando dovessero intervenire delle esigenze specifiche, le parti possono utilizzare anche i contratti transitori e quelli specifici per gli studenti.

  1. Quanti tipi di contratti di affitti ci sono
  2. Contratto ordinario a canone libero
  3. Contratto a canone concordato (3+2)
  4. Contratto ad uso commerciale
  5. Contratto ad uso turistico
  6. Contratto ad uso transitorio
  7. Contratto di locazione per gli studenti universitari
  8. Comodato d’uso gratuito
  9. Cosa cambia tra contratto 3/2 e 4/4
  10. Cosa vuol dire tipologia di contratto L1?

Quanti tipi di contratti di affitti ci sono

Le tipologie di contratti di affitto a cui è possibile ricorrere in Italia sono sostanzialmente sette, che possiamo riepilogare come segue:

  • ordinario a canone libero (4+4);
  • a canone concordato (3+2);
  • ad uso commerciale;
  • turistico;
  • transitorio;
  • per studenti;
  • comodato d’uso.

Per ogni singola tipologia – ecco i modelli di contratto di locazione da cui prendere spunto – è possibile applicare la cedolare secca, una soluzione che permette al proprietario di risparmiare sulle tasse che dovrebbe versare.

Sottoscrizione del contratto di locazione

Contratto ordinario a canone libero

Regolamentati dalla Legge n. 431 del 1998 i contratti a canone libero sono la soluzione più utilizzata in Italia. Sono anche conosciuti con la formula contratti 4+4. La denominazione deriva da una caratteristica che contraddistingue questa tipologia di contratto di locazione: le parti sono libere di scegliere l’importo del canone che il conduttore deve pagare mensilmente.

Se è vero, da un lato, che le parti hanno diritto a decidere liberamente a quanto debba ammontare la pigione, la durata è vincolata: deve essere pari a quattro anni, con una tacita proroga per altri quattro, sempre che non arrivi una disdetta ufficiale. Perché il contratto di affitto si possa concludere alla scadenza dei primi quattro anni, però, la disdetta deve essere esercitata in tempo utile.

Contratto a canone concordato (3+2)

Affitto determinato da alcune tabelle concordate a livello locale ed una durata pari a tre anni, rinnovabile automaticamente per altri due: queste, sostanzialmente, sono le caratteristiche del contratto di locazione a canone concordato. Questa tipologia di accordo viene regolamentata dalla Legge n. 431/1998 e può essere applicato alle seguenti tipologie di contratto:

  • convenzionato;
  • transitorio;
  • a studenti universitari.

Voce a cui è necessario prestare particolare attenzione è quella relativa all’importo che viene pagato mensilmente, che si basa su degli accordi che vengono sottoscritti a livello territoriale dalle associazioni di categoria dei proprietari immobiliari e degli inquilini. Le parti non hanno, quindi, libertà di scegliere un canone a proprio piacimento.

Consegna delle chiavi dopo la sottoscrizione del contratto

Contratto ad uso commerciale

Il contratto ad uso commerciale è una tipologia riservata agli immobili non residenziali, tra i quali rientrano i negozi, gli uffici e i capannoni industriali. Questo tipo di accordo ha una durata minima che è pari a 6 anni per le attività commerciali o a 9 anni per le attività alberghiere.

Le parti hanno la possibilità di concordare liberamente il canone che deve essere versato, il quale può essere aggiornato periodicamente. Nel caso in cui non dovesse arrivare una disdetta anticipata, il contratto di locazione viene rinnovato automaticamente.

Contratto ad uso turistico

Tipologia contrattuale che è stata pensata appositamente per soddisfare le esigenze dei turisti e dei viaggiatori, che devono soggiornare in una località per un breve periodo. Volendo essere un po’ più precisi siamo davanti ad una forma di affitto transitoria, nella quale la durata e l’importo dell’affitto da versare sono decisi liberamente dalle parti.

Generalmente il contratto di locazione ad uso turistico ha una durata molto breve, che difficilmente supera i 30 giorni.

Contratto ad uso transitorio

Altra formula largamente utilizzata è quella del contratto di affitto ad uso transitorio, che ha una durata inferiore a quattro anni e può essere stipulato seguendo le indicazioni fornite da un Decreto Ministeriale del 16 gennaio 2017 e le cui regole sono state introdotte attraverso l’articolo 5 della Legge n. 431/1998.

Siamo davanti ad una tipologia di contratto di affitto attraverso la quale il locatore concede al conduttore l’uso dell’immobile per un periodo di tempo limitato e per un’esigenza transitoria. È una soluzione adatta per sopperire alle necessità lavorative di un dipendente, che si deve spostare per un periodo di sei, dodici o diciotto mesi.

È una formula che può essere adottata in alternativa alle normali tipologie contrattuali e si può sfruttare solo e soltanto quando ci siano delle particolari esigenze da parte del locatore o dell’inquilino da tutelare. Benché sia una formula transitoria è necessario che il contratto sia redatto in forma scritta e deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate.

Contratto di locazione per gli studenti universitari

Anche questa tipologia può essere considerata una variante del contratto transitorio. Il contratto di locazione per gli studenti universitari è riservato ai soggetti che devono recarsi in una città diversa rispetto a quella di residenza per studiare: ha una durata minima di 6 mesi ed una massima pari a 36 mesi.

Per quanto riguarda il canone, generalmente, viene basato sugli alcuni accordi definiti a livello locale.

Comodato d’uso gratuito

A differenza delle precedenti tipologie di contratto d’affitto, il comodato gratuitonon prevede il pagamento di un canone. Il proprietario permette ad un’altra persona di utilizzare l’immobile a titolo gratuito.

Spesso e volentieri questa soluzione viene utilizzata tra famigliari o amici. È possibile stipulare un accordo con una durata prestabilita o a tempo indeterminato. Anche in questo caso è importante registrare il contratto di comodato d’uso all’Agenzia delle Entrate.

Contratto di locazione

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Cosa cambia tra contratto 3/2 e 4/4

Quali sono le maggiori differenze che intercorre tra un contratto 3/2 ed uno 4/4?

A parte la durata delle due tipologie di contratto di locazione – il primo ha una durata di tre anni rinnovabile per altri due, mentre il secondo è di quattro anni rinnovabile per lo stesso periodo – nel primo caso il canone di locazione si basa sulle tabelle che vengono approvate a livello territoriale dalle associazioni. Per il secondo, invece, il canone è lasciato alla libera contrattazione tra le parti.

Cosa vuol dire tipologia di contratto L1?

Volendo sintetizzare al massimo nella tipologia di contratto L1 vi rientrano gli immobili ad uso abitativo, indipendentemente che le parti abbiano scelto un canone libero o concordato. La sua durata risulti essere transitoria.

Fonte: Idealista.it

Condominio e vigilanza notturna: come funziona e quanto costa

La vigilanza notturna in condominio è sempre più richiesta, tuttavia deve essere soggetta ad approvazione: ecco in quali casi.

Il bisogno di sicurezza e protezione, ad esempio dai furti in appartamento, spinge sempre più condomini a dotarsi di specifiche tutele. Quello della vigilanza notturna in condominio è un servizio sempre più richiesto, in particolare nelle grandi città. Ma in che modo si può sottoscrivere un servizio di vigilanza in condominio, quali maggioranze in assemblea servono e, fatto non meno importante, quali sono i costi?

  1. Cos’è la vigilanza notturna in condominio
  2. L’approvazione della vigilanza notturna in condominio
  3. Vigilanza e regolamento condominiale
  4. La gestione dei costi del servizio di vigilanza notturna

Cos’è la vigilanza notturna in condominio

Innanzitutto, è utile specificare quali siano le peculiarità di un servizio di vigilanza in condominio. In linea generale, si tratta di una serie di routine di controllo che vengono eseguite da personale specializzato e istituti di vigilanza privata, per garantire sia la sicurezza dello stabile che di chi vi richiede. Di solito, la vigilanza notturna abbina sia la tutela sul posto – ad esempio, con addetti presenti nel perimetro condominiale – che sorveglianza remota tramite videocamere.

Gli strumenti di sicurezza variano ovviamente a seconda del piano sottoscritto, tuttavia possono includere:

  • il pattugliamento delle aree comuni, con addetti sul posto che effettuano controlli regolari sia lungo il perimetro del condominio che all’interno dello stabile;
  • il controllo degli accessi, affinché non vi siano ingressi da parte di persone non autorizzate;
  • la gestione delle emergenze, con interventi tempestivi sul posto in presenza di attività sospette o persone sconosciute;
  • il monitoraggio attivo con sistemi di videosorveglianza che, come già anticipato, possono essere controllati sia sul posto che da remoto.

L’approvazione della vigilanza notturna in condominio

Affinché il condominio possa dotarsi di personale o sistemi di sicurezza notturni, è indispensabile vagliare il parere dell’assemblea, tramite l’approvazione di una specifica delibera, secondo le modalità previste dall’articolo 1135 del Codice Civile.

Ronda del vigilante in condominio

La proposta di dotarsi di un sistema di controllo notturno può pervenire dall’amministratore o, ancora, da uno o più condomini, purché sia messo all’ordine del giorno dell’assemblea. Dopodiché, sarà necessario raggiungere una specifica maggioranza per la vigilanza in condominio, a seconda della natura della decisione. Più nel dettaglio:

  • la maggioranza semplice – pari alla maggioranza degli intervenuti in assemblea purché rappresentino almeno la metà dei millesimi del valore dell’edificio, secondo quanto stabilito dall’articolo 1136 del Codice Civile – è sufficiente per l’approvazione di un servizio di vigilanza ordinario, come un semplice contratto di pattugliamento regolare da parte di un istituto di vigilanza privato;
  • la maggioranza qualificata – pari alla maggioranza degli intervenuti, rappresentanti i due terzi dei millesimi del valore dello stabile, così come sempre da articolo 1136 del Codice Civile – quando la sottoscrizione del servizio di vigilanza comporta delle innovazioni, come l’installazione di un sistema di videosorveglianza permanente e collegato con la centrale operativa della società che fornisce il servizio.

È però necessario sottolineare che, sempre in base alle attribuzioni previste dall’articolo 1135 del Codice Civile, l’assemblea può deliberare unicamente su servizi – come appunto, quelli di vigilanza notturna – a protezione delle parti e dei beni comuni. Diverso, invece, è il caso della protezione delle persone.

La vigilanza armata e la protezione delle persone in condominio

Come accennato nel precedente paragrafo, l’assemblea può deliberare sulla tutela dei beni comuni, mentre la protezione delle persone esula solitamente dalle sue competenze. A stabilirlo sono alcune pronunce della giurisprudenza:

  • con la sentenza 4631/1993, la Cassazione ha stabilito che i servizi di vigilanza armata, mirati alla tutela dell’incolumità dei residenti, non rientrano tra le competenze dell’assemblea perché non sono legati ai beni comuni. È quindi possibile l’approvazione solo con voto unanime dei condomini, come contratto tra le parti;
  • lo stesso principio è stato ribadito dal Tribunale di Cosenza, con la sentenza 358/2023, nell’annullare una delibera sull’approvazione di un servizio di vigilanza armata, contestato da 17 condomini. Anche in questo caso, non essendo il servizio finalizzato alla tutela dei beni comuni ma alle persone, si rende necessaria l’unanimità.

Vigilanza e regolamento condominiale

Tuttavia, se il servizio di vigilanza armata ha una finalità mista – tutela sia i beni che le persone, ma con prevalenza sulla protezione delle parti comuni – la delibera può essere approvata con maggioranza semplice, come chiarito dalla sentenza della Cassazione 10235/2011. Il criterio è quindi sempre quello della finalità prevalente del servizio.

Ancora, è bene sapere che il regolamento condominiale – assembleare o contrattuale – o le delibere assembleari non possono vietare in modo assoluto la sottoscrizione di un contratto di vigilanza per la tutela dei beni comuni, poiché ciò sarebbe in contrasto con il diritti di sicurezza dei condomini. Tuttavia, il regolamento può vietare iniziative individuali di vigilanza, come l’installazione senza autorizzazione assembleare di videocamere su proprietà esclusiva che inquadrano le parti comuni, per tutelare la privacy. Eventualmente, possono essere stabilite specifiche limitazioni, come limitare la vigilanza a determinati orari o aree dello stabile.

Infine, è utile ricordare che la vigilanza armata viene fornita da Guardie Particolari Giurate, che richiedono specifiche autorizzazioni prefettizie, in base a quanto stabilito dal TULPS, cioè dal Regio Decreto 773/1931

La gestione dei costi del servizio di vigilanza notturna

Stabilite le modalità di approvazione, è utile soffermarsi sul costo della vigilanza in condominio, nonché sulla relativa ripartizione delle spese.

Quanto costa il servizio di vigilanza in condominio

La spesa per la vigilanza in condominio può variare significativamente in base a diversi fattori:

  • la tipologia del servizio offerto, ad esempio con pattugliamento fisso o ronde periodiche, nonché l’integrazione con sistemi di videosorveglianza remota;
  • la durata del servizio, ad esempio una vigilanza attiva 24 ore su 24 ha costi più elevate;
  • le dimensioni e la posizione del condominio, ad esempio se si trova in un quartiere dal tasso di criminalità più elevato rispetto alla media cittadina.

Fornire dei riferimenti di prezzo precisi non è perciò semplice, orientativamente:

  • la vigilanza non armata, per circa 8 ore notturne, può richiedere a un condominio di media dimensione dai 2.000 ai 4.000 euro complessivi al mese, anche a seconda del numero di addetti impiegati: più guardie sono presenti, maggiore è il costo.
  • la vigilanza armata ha ovviamente costi maggiori e può richiedere dai 2.500 ai 5.000 euro al mese per condomini di media grandezza, sempre per 8 ore notturne e a seconda del numero di guardie presenti;
  • sistemi di videosorveglianza presentano costi relativi all’installazione – di qualche migliaia di euro, a seconda della complessità del condominio – e abbonamenti mensili dal prezzo variabile per il controllo remoto, a seconda della tipologia di offerta sottoscritta. Sempre a livello orientativo, i piani base possono partire dai 30-50 euro mensili, raggiungendo qualche centinaio di euro per funzioni avanzate.
Videosorveglianza in condominio

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Limitatamente all’installazione di sistemi di videosorveglianza, i condomini possono approfittare anche del Bonus Sicurezza, che prevede una detrazione IRPEF del 36% per un tetto massimo di spesa di 48.000 euro. L’incentivo è valido solo per l’installazione dei sistemi di sicurezza sopracitati, entro il 31 dicembre 2025, mentre non copre il contratti di vigilanza. 

Ancora, è bene ribadire che i costi presentati hanno uno scopo solamente illustrativo, poiché la variabilità dell’offerta – anche a livello territoriale – è molto elevata. Per questo, è utile informarsi preventivamente presso gli istituti di sicurezza privata della propria zona.

La ripartizione delle spese per il servizio di vigilanza

I costi della sorveglianza notturna in condominio devono essere suddivisi fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, così come previsto dall’articolo 1123 del Codice Civile. La spesa è generalmente sostenuta da tutti i condomini, a meno che il servizio di sicurezza non riguardi solo una specifica area dell’edificio, come ad esempio una sola scala: in questo caso, chi non ne usufruisce è esentato dal pagamento.

È inoltre utile sottolineare che il pagamento è dovuto anche da parte di quei condomini che non hanno partecipato all’assemblea o hanno espresso voto contrario. Le decisioni prese a maggioranza dall’assemblea sono infatti vincolati da tutti, come anche ribadito dalla Cassazione con la sentenza 13631/2001.

Affinché le spese possano essere considerate valide, l’amministratore dovrà provvedere alla loro contabilizzazione e alla presentazione della relativa documentazione, che attesti sia i costi sostenuti che la quota millesimale imputabile a ogni singolo condomino.

Fonte: Idealista.it

Come scegliere il condizionatore? La guida per non sbagliare

La potenza necessaria e la tipologia di condizionatore possono influenzare la sua efficienza in casa: ecco tutto quello che dovresti sapere.

Con il caldo estivo che inizia a farsi più pressante, diventa quasi necessario acquistare un condizionatore per la propria casa. D’altra parte, però, la vasta scelta di modelli presenti sul mercato potrebbe aumentare la confusione e le domande. Come scegliere il condizionatore ideale, quindi? Ecco le specifiche tecniche a cui fare attenzione e i modelli sui quali puntare.

  1. Cosa guardare prima di comprare un condizionatore?
  2. Come scegliere un condizionatore in base ai metri quadri
  3. Che tipo di condizionatore comprare? I principali modelli

Cosa guardare prima di comprare un condizionatore?

La scelta del condizionatore giusto dipende da diversi aspetti, tra cui la dimensione degli ambienti da climatizzare, la potenza richiesta, i consumi energetici, la rumorosità e le funzioni offerte.

  • Dimensione e caratteristiche dell’ambiente: inizia col capire quale zona il condizionatore dovrebbe raffreddare. Un apparecchio troppo potente rischia di consumare inutilmente energia, mentre uno non adeguato non assolverà correttamente il suo compito.
  • Potenza e capacità di raffreddamento: di conseguenzala potenza del condizionatore, espressa in BTU/h (British Thermal Unit per ora), deve essere proporzionata alla metratura dell’ambiente.
  • Efficienza energetica e classe energetica: i modelli più energicamente efficienti sono contrassegnati da una classe energetica elevata (A++ o superiore), che garantisce consumi ridotti e un impatto minore sulla bolletta elettrica. Anche se costano di più, potrai risparmiare sul lungo periodo.
  • Tipologia di condizionatore: sul mercato esistono diverse tipologie di climatizzatori: fissi a parete (mono o multi-split), portatili e canalizzati.
  • Funzioni aggiuntive e tecnologia: occhio anche alle funzioni più tecnologiche. I condizionatori ì offrono numerose funzioni come: modalità deumidificazione, timer programmabile, controllo tramite app, sensori di presenza e filtri avanzati per la purificazione dell’aria.
  • Rumorosità: il livello di rumorosità è un aspetto spesso sottovalutato ma molto importante, soprattutto se il condizionatore viene installato in camere da letto o zone studio.
  • Costo d’installazione: alcuni modelli potrebbero essere più complicati da montare, soprattutto se non si dispone di un balcone esterno.
come scegliere il condizionatore

Come scegliere un condizionatore in base ai metri quadri

La potenza di un condizionatore va quindi scelta in base al tipo di ambiente in cui verrà installato. Maggiore è la metratura della stanza, più elevata dovrà essere la potenza dell’apparecchio. Oltre alla superficie, considera anche l’altezza del soffitto, l’isolamento termico, l’esposizione solare e il numero di persone presenti abitualmente nell’ambiente. Per farsi un’idea:

  • Fino a 15 mq: scegli un condizionatore con potenza tra 5.000 e 7.000 BTU/h. Ideale per piccoli locali come studi, camerette o bagni.
  • Da 16 a 25 mq: orientati su un modello da 7.000 a 9.000 BTU/h, perfetto per camere da letto o soggiorni piccoli.
  • Da 26 a 35 mq: opta per una potenza compresa tra 10.000 e 12.000 BTU/h, adatta a soggiorni, cucine abitabili o open space di media grandezza.
  • Da 36 a 50 mq: scegli un apparecchio tra 13.000 e 18.000 BTU/h, pensato per ambienti ampi o locali commerciali di piccole dimensioni.
  • Oltre 50 mq: valuta soluzioni multi-split o condizionatori da almeno 18.000 BTU/h, ideali per grandi open space, uffici o ambienti con molte persone.
come scegliere il condizionatore

Che tipo di condizionatore comprare? I principali modelli

Una volta compresa la potenza necessaria, che tipo di condizionatore comprare? Anche la scelta dei modelli dipende dalle esigenze specifiche della tua casa. Il condizionatore inverter rappresenta oggi la soluzione più evoluta e diffusa per chi cerca efficienza energetica e comfort costante. Questa tecnologia regola automaticamente la velocità del compressore in base alla temperatura rilevata nell’ambiente, evitando continui avvii e spegnimenti tipici dei modelli tradizionali on/off.

Inoltre, un altro aspetto fondamentale quando si valuta come scegliere condizionatore riguarda la configurazione dell’impianto: monosplit o multisplit. Il sistema monosplit prevede un’unità interna collegata a una sola unità esterna, mentre il multisplit permette di collegare più unità interne (fino a 5 o 6) a una singola unità esterna.

Una soluzione più flessibile e senza lavori di installazione è sicuramente quella del condizionatore portatile. Questi apparecchi sono dotati di ruote e possono essere facilmente spostati da una stanza all’altra, richiedendo solo una finestra o una porta per far uscire il tubo di scarico dell’aria calda.

come scegliere il condizionatore

Fonte: Idealista.it

Bonus bagno 2025, chi può richiedere la ristrutturazione e come

Ecco come presentare domanda del bonus bagno 2025 per la ristrutturazione della casa e la sostituzione di sanitari, docce e lavabi

La riforma dei bonus edilizi operata dalla legge di Bilancio 2025 e, ancor prima, la riduzione degli ambiti di intervento del bonus barriere architettoniche incidono anche sui lavori di ristrutturazione del bagno. Tuttavia, non mancano le alternative alle soluzioni, non più in vigore, per eseguire i lavori e sfruttare gli incentivi. Nel 2025 si può usare il bonus ristrutturazione bagno come incentivo fiscale per detrarre, in 10 anni, fino al 50% delle spese sulla manutenzione straordinaria. 

Per ottimizzare gli incentivi occorre, tuttavia, fare in fretta. Infatti, la percentuale del 50% si applica ai lavori eseguiti entro il 31 dicembre prossimo. Ecco, dunque, tutto quello che c’è da sapere per utilizzare il bonus bagno 2025

  1. Come richiedere il bonus ristrutturazione bagno 2025
  2. Cosa comprende il bonus bagno 2025
  3. Quali requisiti per richiedere il bonus bagno 2025
  4. Chi può usufruire del bonus bagno 2025
  5. Come ottenere il bonus 50% bagno 

Come richiedere il bonus ristrutturazione bagno 2025

Dal 1° gennaio 2025 è cambiato il quadro dei lavori di rifacimento del bagno. Infatti, il bonus bagno 2025 sulla prima casa è assicurato come incentivo sulle ristrutturazioni (o bonus casa 2025). L’agevolazione consente di detrarre fiscalmente il 50% delle spese sostenute fino a un massimo di 96.000 euro. 

Il bonus bagno 2025 su una seconda casa prevede, invece, una percentuale di sconto più bassa, pari al 36%. Occorre considerare che queste percentuali rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2025. A partire dal 1° gennaio 2026, infatti, il bonus ristrutturazione bagno sulla prima casa scenderà al 36%, mentre l’agevolazione sulle altre abitazioni si ridurrà al 30%. 

piastrellista che lavora alla ristrutturazione del bagno

Cosa comprende il bonus bagno 2025

Per accedere all’agevolazione per rifare il bagno è necessario fare riferimento agli incentivi sulla ristrutturazione delle abitazioni. Si tratta di interventi di manutenzione straordinaria, che consentono tutta una serie di lavori per:

  • rifare interamente gli impianti idrici e sanitari;
  • sostituire le tubature e gli impianti;
  • installare nuovi impianti idraulici ed elettrici;
  • sostituire i sanitari, unitamente al rifacimento degli impianti;
  • realizzare bagni per disabili ed eliminare le barriere architettoniche;
  • sostituire la pavimentazione e i rivestimenti;
  • rinnovare interamente il bagno. 

Quali requisiti per richiedere il bonus bagno 2025

L’ambito oggettivo dei lavori ammessi al bonus per il rifacimento del bagno fa riferimento alle tipologie di interventi che si possono richiedere e agevolare. Da questo punto di vista, il rispetto dei requisiti necessari per richiedere l’incentivo nel 2025 comporta, nel concreto, il saper programmare ed eseguire interventi di manutenzione straordinaria

Diversamente, sono escluse dalla richiesta del bonus le spese per lavori di manutenzione ordinaria, ovvero quelle tipologie di intervento che non includono il rifacimento degli impianti. Di conseguenza, non si possono agevolare le spese per le semplici sostituzioni di sanitari e piastrelle senza procedere con interventi più invasivi e strutturali. 

Bonus bagno 2025 come misura per i disabili

Fino a poco più di un anno fa, la materia della ristrutturazione dei bagni di casa poneva il bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche come misura preferita rispetto:  

  • al superbonus, per via del minore quantitativo di adempimenti e documentazione richiesti; 
  • al bonus ristrutturazione, per la migliore percentuale del 75% di sconto. 

Rispetto all’odierno bonus bagno, l’incentivo sulle barriere architettoniche si poneva anche come agevolazione di sostegno alla disabilità. L’applicazione pratica del bonus, tuttavia, ha dimostrato che non sempre si sono messe al primo posto le esigenze dei disabili. 

Per questo motivo, la riforma operata dal decreto legge 212/2023 ha consentito di mettere ordine alle tipologie di interventi ammissibili, escludendo i lavori di rifacimento del bagno e di sostituzione dei sanitari. 

Nel 2025, il bonus bagno come ristrutturazione della casa e detrazione del 50% rappresenta, in definitiva, l’alternativa più semplice da utilizzare per gli interventi esclusi dagli altri bonus edilizi e dallo stesso superbonus. 

Per cosa richiedere il bonus ristrutturazione bagno

Inoltre, i soggetti ammessi al bonus ristrutturazione bagno 2025 possono considerare agevolabili tutti i prodotti necessari all’esecuzione degli interventi stessi e alle sostituzioni dei sanitari. 

Ad esempio, per il rifacimento della doccia si può detrarre fiscalmente il 50% delle spese necessarie all’acquisto di box doccia, porte e piatti doccia, pareti walk-in, colonne e sistemi doccia, rubinetterie, vasche da bagno e lavabi. 

Infine, trattandosi di interventi agevolati dal bonus casa, è possibile detrarre il 50% dell’arredo e degli elettrodomestici entro un tetto di spesa di 5.000 euro grazie al bonus mobili. Anche per questo incentivo è necessario fare in fretta essendo in scadenza al 31 dicembre 2025. 

Chi può usufruire del bonus bagno 2025

L’incentivo sui lavori di rifacimento del bagno rientrano nel novero degli interventi di ristrutturazione della casa agevolati dal relativo bonus. Di conseguenza, all’incentivo sul bagno possono accedere tutti i soggetti già elencati nell’ambito del bonus casa 2025. Nel dettaglio si tratta: 

  • dei proprietari e dei nudi proprietari;
  • dei titolari di diritti di godimento quali uso, usufrutto, abitazione e superficie;
  • dei locatari o comodatari;
  • dei soci di cooperative, divise e indivise;
  • degli imprenditori individuali per gli immobili non classificati come beni strumentali o merce;
  • dei soggetti definiti nell’articolo 5 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che generano reddito in forma associata, tra i quali le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti equiparati, e imprese familiari;
  • dei familiari conviventi del proprietario che abbiano sostenuto le spese.

Come ottenere il bonus 50% bagno 

Per ottenere l’agevolazione è necessario inserire la detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi, utilizzando il Modello 730 o il Modello Redditi Persone Fisiche. La detrazione consentita è pari al 50% delle spese sostenute per il rifacimento del bagno, da distribuire in rate uguali nei 10 anni successivi al sostenimento delle spese. 

Tuttavia, per una corretta applicazione della misura fiscale, è necessario preparare la documentazione e conservarla nelle modalità indicate dalle norme. In particolare, il fruitore del bonus bagno 2025 deve custodire le fatture relative agli acquisti e agli interventi effettuati. 

Inoltre, le norme sui bonus edilizi richiedono pagamenti tracciabili, da effettuare mediante l’utilizzo del bonifico bancario o postale. I mezzi di pagamento devono contenere la causale specifica e l’indicazione del numero e della data di fatturazione. 

Bonus bagno 2025, come richiederlo tramite il Caf 

Sulla base di quanto descritto sopra, è bene presentare tutta la documentazione al commercialista o al Centro di Assistenza Fiscale (CAF) di riferimento, nel caso in cui non si volesse procedere da soli. Inoltre, il bonus bagno 2025 potrebbe richiedere specifici permessi comunali, come la CILA (Certificazione Asseverata di Inizio dei Lavori), la documentazione catastale dell’immobile e la certificazione di conformità degli impianti. 

In base agli adempimenti del bonus ristrutturazione bagno si può dire che è difficile ottenere l’incentivo senza la CILA. Infatti, le sostituzioni di tubature, impianti e massetto comportano l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria, necessitando, pertanto, della certificazione asseverata. Diversamente, un lavoro di manutenzione ordinaria non richiede questo tipo di documentazione e può essere effettuato in edilizia libera

Si può applicare lo sconto in fattura sul bonus bagno 2025? 

I lavori di ristrutturazione hanno risentito dei provvedimenti dell’attuale governo in merito alla possibilità di utilizzare l’incentivo con le opzioni alternative alla detrazione fiscale, ovvero con lo sconto in fattura o la cessione dei crediti d’imposta

Peraltro, il già enunciato decreto legge 212 del 30 dicembre 2023 non solo aveva limitato l’ambito degli interventi del bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche – estromettendo dai lavori possibili proprio quelli di ristrutturazione del bagno – ma aveva anche ridotto a pochissimi casi le possibilità di accesso alle due opzioni di sconto.

Il successivo decreto legge n. 39 del 30 marzo 2024 ha definitivamente azzerato le possibilità di avvalersi di sconti in fattura e crediti d’imposta per tutte le agevolazioni edilizie, comprese quelle inserite nel bonus casa e in tutte le novità del 2025. Pertanto, i nuovi lavori agevolati dal bonus bagno, al pari di quelli rientranti nel bonus barriere architettoniche, nel superbonus e nell’ecobonus, restano fuori dalla possibilità di esercitare le due opzioni di credito. 

Alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul bonus bagno

Da ultimo si possono considerare le alternative in vigore nel 2025 al bonus bagno, anche sulla base di quanto chiarisce l’Agenzia delle Entrate. Non essendoci la possibilità di fruire del superbonus e del bonus barriere architettoniche, alcuni lavori che interessano il bagno potrebbero trovare copertura, infatti, in altri incentivi. 

Ad esempio, l’esclusione da tutti gli sconti e i bonus edilizi del 2025 delle caldaie a combustibili fossili, incontra un limite nelle caldaie alimentate da sistemi ibridi, dotate di pompa di calore. Una situazione di questo tipo introduce la possibilità di fruire dell’ecobonus anche per i lavori del bagno al fine di migliorare l’efficientamento energetico. Anche per questa tipologia di intervento, l’incentivo è del 50% sulle spese per i lavori sulla prima casa e del 36% sulla seconda casa

Alternative al bonus bagno 2025: il sismabonus

Infine, è possibile pensare di utilizzare il sismabonus per migliorare la sicurezza dell’edificio, includendovi anche dei lavori di ristrutturazione del bagno. La novità più importante del 2025 riguarda il non dover necessariamente dimostrare il miglioramento della classe di sicurezza sismica, come avveniva negli anni scorsi. 

Per gli interventi agevolati dal sismabonus si può beneficiare del 50% di detrazione fiscale sulle spese sostenute per l’abitazione principale (36% nel 2026 e 2027) e del 36% negli altri casi (30% nel 2026 e 2027). 

Bagno moderno casa con tecnologia, domotica e arte

Fonte: Idealista.it

Compravendite immobiliari in aumento nelle grandi città ma non solo

I dati di Abitare Co. su compravendite e prezzi nelle città metropolitane e nei capoluoghi intermedi

Dopo aver chiuso il quarto trimestre del 2024 con un aumento del 7,6% delle compravendite di abitazioni, il mercato immobiliare continua a crescere anche nel primo trimestre del 2025. Secondo l’analisi di Abitare Co., basata sui dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate, tra gennaio e marzo 2025 il mercato residenziale italiano ha registrato un’accelerazione del 11,2% rispetto allo stesso periodo del 2024, con un totale di 172.048 compravendite. Ma non sono solo Milano e Roma a distinguersi, bensì anche le città intermedie.

  1. Crescono  le compravendite nelle città metropolitane
  2. Dove crescono le compravendite immobiliari in Italia
  3. Crescono le compravendite anche nelle città minori
  4. Le dieci città intermedie e le compravendite immobiliari

“Gli interventi del taglio dei tassi da parte della BCE ha prodotto un effetto positivo sulla domanda di mutui, – spiega il Ceo di Abitare Co. Giuseppe Crupi, – comportando un alleggerimento dell’importo delle rate e una conseguente maggiore convenienza dei finanziamenti a lungo termine. La quota di acquisti fatti con mutuo si avvicina sempre di più al cinquanta per cento degli scambi (45,8%). La conferma è che alla fine del primo trimestre di quest’anno la domanda di finanziamento per acquistare una casa da parte delle famiglie è ancora cresciuta di oltre venti percentuali rispetto al primo quarter del 2024. Tuttavia, non si può fare a meno di constatare le note difficoltà relative alla qualità del prodotto usato, sempre molto bassa, e alla mancanza strutturale di un’offerta di nuove abitazioni, in particolare nelle grandi città”.

grandi città

Crescono  le compravendite nelle città metropolitane

La crescita riguarda quasi tutte le principali città metropolitane, ad eccezione di Firenze che ha registrato un calo del 6,2% con 1.067 transazioni. Le altre città mostrano invece aumenti: Roma +10,7% (8.528 transazioni), Milano +7,1% (5.505), Torino +12,2% (3.583), Genova +13,5% (2.155), Bologna +9,3% (1.357), Napoli +6,1% (1.982) e Palermo+8,98% (1.640).

Dove crescono le compravendite immobiliari in Italia

A livello territoriale, la crescita più marcata si rileva nelle regioni del Centro (+12,7%) e del Nord Est (+14,7%). Anche il Nord Ovest cresce significativamente (+12,3%), mentre Sud e Isole mostrano aumenti più contenuti, rispettivamente +6,3% e +6,8%. Infine, i comuni capoluogo registrano una crescita leggermente superiore (+11,6%) rispetto a quelli non capoluogo (+11,0%).

Crescono le compravendite anche nelle città minori

Quando si parla di mercato immobiliare residenziale, non sono solo le grandi città come Milano e Roma a fare da protagoniste. Negli ultimi dieci anni, infatti, anche i capoluoghi di provincia di medie dimensioni hanno mostrato una crescita rilevante. Secondo il Centro Studi di Abitare Co. tra il 2014 e il 2024 in dieci città intermedie italiane le compravendite sono aumentate del 59,7%, mentre i prezzi medi delle case nuove o completamente ristrutturate sono saliti del 22,9%, arrivando in media a 3.460 euro al metro quadrato.

Questi dati evidenziano un dinamismo crescente in queste zone. Ma cosa sta alimentando questa crescita? Tra i principali fattori ci sono l’aumento della domanda di prima casa da parte dei residenti, un maggiore interesse per le seconde case e per gli investimenti da mettere a reddito, in particolare nelle località turistiche come Salerno e Verona, e l’affermazione dello smart working, che ha spinto molte persone a trasferirsi in città più piccole, meno congestionate e più accessibili economicamente.

Le dieci città intermedie e le compravendite immobiliari

Analizzando le dieci città in dettaglio, tra il 2014 e il 2024 le compravendite sono aumentate in tutte, ma con intensità diverse: L’Aquila ha registrato il maggiore incremento (+94%), seguita da Novara (+81%), Bergamo (+80%), Padova (+73%), Perugia (+67%), Parma (+51%), Cagliari (+46%), Modena (+44%), Verona (+42%) e Salerno (+19%).

città intermedie

Per quanto riguarda i prezzi medi delle abitazioni, Verona ha segnato il rialzo più consistente (+41,2%, pari a 4.500€/mq), seguita da Parma (+31% e 3.850€/mq), Padova (+30% e 3.500€/mq), Modena (+25,2% e 3.450€/mq), Bergamo (+23,2% e 4.150€/mq), L’Aquila (+19,2% e 1.800€/mq), Cagliari (+18,2% e 3.950€/mq), Novara (+17,5% e 3.150€/mq), Salerno (+12,6% e 4.300€/mq) e Perugia (+10,8% e 1.925€/mq).

Fonte: Idealista.it